mercoledì 15 settembre 2010

Un'insolita classica storia

Infuriato il Re percorreva a passi veloci l’immenso atrio del palazzo. La Regina cercava di mantenersi al suo fianco, ma invano, e affannata pregava il marito perchè ritrovasse la calma.
“Mi dispiace cara, ma stavolta ha oltrepassato ogni limite e non riuscirai a portarmi dalla sua parte, non questa volta! Sono stanco dei suoi capricci e della sua insolenza!” – diceva il Re tirando a sé il mantello che lo rallentava strisciando a terra.
“Ma, mio Signore asc…” – aveva iniziato a dire la Regina prima che il Re raggiungesse la sala Consigliare e si sbattesse la porta alle spalle, lasciandola fuori. “Non può continuare a trattarmi come una serva!” pensò tra sé la Regina tornando sui suoi passi, ma ripensando alla figlia e alla terribile discussione che aveva avuto con il padre, tornò a bussare alla porta. “Mio Signore, Ti prego, cerca di ragionare…” – Non ottenne risposta. Sapeva che per qualche ora il Re non sarebbe uscito da quella stanza e, arrabbiata a sua volta per il modo in cui era stata trattata, decise che per il momento la cosa migliore era ritirarsi nelle proprie stanze.


Il Re scaricava tutto il peso del corpo sulle mani appoggiate al grande tavolo. Era quella la posizione che assumeva quando perdeva la calma. Sentì un rumore di passi allontanarsi della porta. Sbuffò: nonostante tutti quegli anni di matrimonio, la Regina non aveva ancora capito che le sarebbe bastato insistere un po’ di più perché lui facesse qualunque cosa lei desiderasse. Non si poteva di certo dire che fosse un debole (alleati e nemici lo sapevano bene), o che la sua sovranità soffrisse di una qualsivoglia fragilità politica, ma si sarebbe facilmente piegato alla volontà della sua Regina. L’amava. Questa volta però non era disposto ad ascoltarla, conscio del fatto che avrebbe ceduto e non poteva permetterlo a se stesso.
Sua figlia ha sempre avuto un carattere molto difficile e ogni volta che si discute con lei, quale che sia l’argomento, la discussione degenera in litigio, e tocca sempre a lui, convinto dalla moglie, acconsentire a tutto e ripresentarsi a tavola come se nulla fosse, subendo le occhiate supponenti della figlia che ormai lo guarda dall’alto in basso. Staccò i palmi dalla superficie di legno massiccio del tavolo lasciando le impronte di sudore che osservò rimpicciolirsi fino a svanire, e si diresse stancamente alla sedia a capotavola dentro la quale sprofondò. Prese tra le mani alcuni fogli sparsi sul tavolo dal giorno prima, per la maggior parte resoconti feudali, e fece scorrere lo sguardo tra quelle righe fingendo un qualche interesse. Non riusciva a togliersi dalla mente ciò che sua figlia gli aveva detto poche ore prima e il sangue tornava a ribollirgli nelle vene. “Sposerò Lucio, lo scudiero di Heric; sono ormai molti mesi che il mio cuore gli appartiene e ho deciso di passare con lui la mia vita.”, queste parole continuavano a vorticargli in mente e non gli davano tregua. “Mia figlia, la Principessa, non sposerà mai uno scudiero! Mettitelo bene in testa!” gli aveva urlato in faccia, senza che lei facesse una piega, ma sostenendo il suo sguardo con fierezza; una fierezza che avrebbe preferito scorgere negli occhi di un figlio maschio. Purtroppo ogni progetto dinastico era svanito con la nascita d'Isabela, avvenuta dopo numerosi tentativi fallimentari, e con sua moglie che non sarebbe mai più riuscita a rimanere incinta. Di questo però non ha mai fatto una colpa alla moglie e non vi è stato mai un momento in cui non si sentisse orgoglioso della figlia. Orgoglioso di lei lo era anche in quel momento, ma non poteva accettare una simile decisione. “Ritirati nelle tue stanze, e rifletti su ciò che hai detto. Potrai uscire una volta che avrai scacciato queste tue offensive fantasie e avrai compreso le responsabilità che il tuo ruolo t’impone, ora va’!”, e lei se ne andò, ma vincitrice. Decise che avrebbe rimandato gli impegni amministrativi una volta sistemata la faccenda e chiamò uno dei domestici, che convocasse Lucio a palazzo, lo avrebbe accolto nella sala del trono chiarendo subito quale potere credeva di poter umiliare: gli avrebbe fatto capire che sua figlia non avrebbe mai sposato uno del suo rango e se il suo volere non sarebbe stato esaudito, lo avrebbe fatto punire. Questo era ciò che andava fatto, anche se la sua bontà di cuore mai gli avrebbe permesso ricorrere a quest’ultima possibilità.
Nemmeno la regina riusciva a darsi pace. Conosceva bene i sentimenti della figlia. Ella infatti si era confidata con la madre riguardo a ciò che provava per quel giovane scudiero. Gli aveva raccontato molto, anche se non tutto. Lo aveva conosciuto un paio di mesi prima durante una delle sue uscite a cavallo fuori del castello. Passando di fronte alle stalle reali era rimasta colpita dalla dolcezza con cui si prendeva cura degli animali. Spazzolava con delicatezza l’elegante manto bianco dei uno degli stalloni reali e intento gli sussurrava qualcosa nell’orecchio che sembrava avere un effetto tranquillizzante nell’animale. Incantata dalla tenera scena, la Principessa si era avvicinata di nascosto all’entrata della stalla, ma il giovane, accortosi della sua presenza si scostò dall’animale e cominciò a spostare il fieno facendo dei mucchi ordinati. “Non dite al mio maestro che mi sono avvicinato ai cavalli, vi prego!” – implorò il giovane. Lei gli si avvicinò e chiese cosa sussurrasse al cavallo, promettendogli che se glielo avesse rivelato non avrebbe avvisato nessuno. Era evidente che lui non avesse riconosciuto in lei la principessa Isabella, scambiandola probabilmente per una delle domestiche, forse per via del vestito non particolarmente elegante e privo di fronzoli. Lui sembrò rasserenarsi alle sue parole e le disse che se voleva sapere cosa avesse sussurrato nell’orecchia del cavallo, avrebbe dovuto sussurrarlo anche a lei. Isabela si lasciò convincere, soprattutto perché il giovane era davvero di bel aspetto; certamente migliore di tutti i pretendenti che da quando aveva 10 anni frequentavano il palazzo affinché i suoi genitori accondiscendessero a darla in sposa ad uno dei principi dei regni vicini . Lui si era avvicinato e accarezzandole il collo con una mano aveva posato le labbra sulle sue e, in pochi secondi, era sparito verso il mercato. Quando la Regina udì queste parole rimase scioccata e diede una forte sberla alla figlia, vietandole di scendere ancora alle stalle e giurandole che se l’avesse scoperta a disobbedire avrebbe ricevuto una punizione esemplare. Inutile dire che la principessa invece di rispettare il volere della madre, cominciò a frequentare sempre più assiduamente le stalle. In poco tempo tra la servitù si sparsero delle voci, e numerose erano le malelingue che sparlavano sui facili comportamenti di Isabela. Alcune delle giovani serve a palazzo, dichiaravano di avere intravisto lei e Lucio in atteggiamenti inequivocabili. Una di loro confidò alla governante che, mentre lucidava una delle vetrate al primo piano, aveva scorto vicino alla fontana del giardino interno, la principessina in ginocchio ai piedi al giovane scudiero, nudo dalla vita in giù. Per l’imbarazzo, la domestica fece sbattere l’anta della finestra e, nonostante i due clandestini si fossero palesemente accorti di lei, questo non impedì loro di concludere l’atto in cui erano impegnati. Un’altra li aveva sorpresi una sull’altro nascosti dietro una siepe, e c’era persino chi giurava di aver ricevuto delle proposte indecenti dai due che invitavano a prendere parte ai loro rapporti. Nessuno partecipò, anche se dei dubbi aleggiavano intorno a Lucille, la damigella coetanea di Isabela e che, per la pesantezza dell’aria che si respirava ormai irrespirabile, decise di ritirarsi nella vita monastica. A 16 anni.
Ovviamente queste voci non tardarono a giungere alle orecchie della regina, che nulla rivelò al Re, poiché se notizie del genere fossero trapelate tra i loro sudditi, o non sia mai, nei regni limitrofi avrebbero procurato un grande imbarazzo politico, se non addirittura, qualche incidente diplomatico. Così la regina, madre di una figlia che stentava a riconoscere, si limitava a sperare che la sbandata della figlia si risolvesse in un breve periodo di transizione adolescenziale e che si limitasse a qualche incontro clandestino, consumato contro un muro, magari lontano da altri occhi indiscreti, e che presto quell’incubo finisse.
Mai avrebbe immaginato che la figlia confessasse il suo “amore” per lo scudiero, e che lo facesse con quella faccia tosta. Conscia che il marito non le perdonava il fatto di non avergli dato un figlio maschio, nonostante lui facesse di tutto per nasconderlo (con Isabela come unica discendente, infatti, il Re avrebbe perso il suo regno) adesso egli avrebbe dovuto subire quest’ennesimo affronto. Doveva assolutamente parlare con Isabella e sistemare la questione. Ordinò ad una delle sue damigelle che condusse subito da lei la Principessa.
Grande fu la sorpresa per i due regnanti, quando giunse loro la notizia che Lucio non era rintracciabile e che la principessa non era nelle sue stanze.
Erano scappati, la principessa legando a mo’ di fune le lenzuola del letto e lo scudiero rubando al suo padrone due spade e un bellissimo cavallo (inutile dire che si trattava di quello che aveva permesso quel fatale primo bacio). Erano fuggiti, già concordi nel farlo nel caso la reazione dei due sovrani avesse ostacolato i loro piani amorosi. Nessuno dei due fuggiaschi avrebbe mai immaginato una reazione diversa da quella ricevuta. Tutto si riduceva ad una scusa per scaricare sui due sovrani le responsabilità della loro fuga. In questo modo avrebbero intrapreso il loro cammino sollevati dai sensi di colpa. Ipocriti.
Il Re e la Regina passarono insieme la serata, interrogandosi sul perché Isabela anvesse compiuto un tale gesto. Nonostante nessuno dei due potesse rimproverarsi di nulla, entrambi arrivarono ad incolpare se stessi per la scelta della figlia. Lui definì se stesso un padre assente, sempre e solo impegnato nei suoi incarichi istituzionali, e lei una madre fin troppo presente, che non ha fatto altro che viziare la figlia e permetterle di fare tutto ciò che voleva. Sempre, soprattutto negli ultimi mesi. I due genitori si abbracciarono forte e piansero assieme, si astrinsero saldi. Lei spinse il viso contro il petto di lui bagnandole delle sue lacrime. Si accarezzarono e si baciarono. Sapevano che la loro vita non sarebbe stata mai più la stessa. Quella notte, per la prima volta dopo anni, dormirono assieme e non solamente l’uno accanto all’altra. Si amarono dolcemente e quando i primi raggi del sole fecero capolino dietro le grandi tende rosse, li sorpresero ancora abbracciati.

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