venerdì 31 luglio 2009

Una difficile compagna

La violenza da sempre condiziona la nostra esistenza. Nel corso de secoli abbiamo imparato a riconoscerla e a classificarla sempre in modi diversi a seconda delle sua natura è delle sue modalità di intervento, eppure non siamo mai riusciti ad esorcizzare l'attrazione che proviamo nei suoi confronti. Ogni nostro approccio alla violenza, che sia di denuncia, morboso, di intrattenimento, sadico magari, o di controllata indifferenza è uno dei tentativi di comprenderla., di capirne la natura, di affrontarla. Eppure rimane per noi un mistero sempre troppo sfuggevole, un enigma irrisolvibile. Come sabbia cerchiamo di stringerla tra la mani e di modellarla, ma lei scivola via tra le fessure delle dita e quello che resta sono pochi granelli e la consapevolezza di averla ancora una volta avvicinata e perduta.

martedì 14 luglio 2009

sabato 4 luglio 2009

FASCICOLO N° AC17/2

11 MARZO 1992, ORE: 18.23
"Sì, è vero. Sono stato io, io lo ho ucciso! Non ne potevo più...ogni notte, ogni maledetta notte lui...lo pregavo di smettere ma non mi ascoltava, anzi ci provava sempre più gusto, gli piaceva che qualcuno lo implorasse. Era un sadico, un sadico del cazzo...diceva che lo faceva per il nostro bene, lo capite? Lui lo faceva per noi, tutto noi. Io però non potevo soppertare oltre, vedere quegli occhi, quelle lacrime, sentire quelle maledette urla, quelle terribili parole. Lo faceva apposta quel bastardo, mi costringeva ad assistere ad ogni cosa, e io non riuscivo a reagire...rimanevo paralizzato, me la faceva addosso, mentre l'animale di fronte a me si divertiva! Ci provava un sacco di gusto nel vedermi accasciato al suolo, che mi coprivo gli occhi per non vedere e le orecchie per non sentire. "Dai torna a svolgere il tuo compito, la cerimonia non può proseguire se te ne stai lì...lo facciamo per il loro bene!", quante volte mi sono sentito dire queste parole a cui sempre obbedivo... "Se ti comporti così per così poco, di certo non invidi la mia posizione!" diceva... quanto si sbagliava maledetto, gliela invidio e come: vorrei essere io quello morto, quello che ha finalmente raggiunto la casa del Signore, e invece me ne sto qui, tormentato dai miei incubi, incubi che lui mi ha causato e che non mi abbandoneranno mai più...sono una maledizione: ogni notte mi fanno rivivere quelle mostruosità, ogni notte le facce di tutte quelle persone agonizzanti mi tornano alla mente...ogni notte..."

12 MARZO 1992, ORE: 22.33

Perchè mi ha fatto questo, eh? Lo volete sapere? Io lo so, lui si divertiva più a ridere di me, che non a torturare quelle ragazze, si è così, ero io la vera vittima...in fondo loro sapevano a cosa andavano in contro quando accettavano di entrare nel suo progetto di rinascita...ma io no, io non c'entravo un cazzo con il progetto...io mi limitavo a confessare, si le confessavo, durante il trattamento e mai, dico mai, le mie orecchie hanno sentito parole più sincere di quelle che uscivano dalla bocca di quelle peccatrici...ma bisognava farlo, qualcuno doveva redimere quelle anime affinchè potessero aspirare alla gioia eterna, e io mi offrii...non pensavo che liberando quelle persone dai loro peccati terribili...che ne sapevo che avrei condannato per sempre me stesso all'inferno?!
Ma il Signore lo sa e mi aspetta...


- CONFESSIONE DI Ismael Azur, CRIMINALE PLURIOMICIDA SOPRANNOMINATO "Il Confessore" REGISTRATA GRAZIE ALLE VIDEOCAMERE A CIRCUITO CHIUSO NELLA SUA CELLA DI ISOLAMENTO NEL CARCERE DI SING SING, OSSINING, NEW YORK.
LE INDAGINI NON HANNO ANCORA PERMESSO DI RISALIRE ALL'IDENTITA' DEL SUO PRESUNTO COMPLICE, ANCHE SE NULLA LASCIA INTENDERE CHE CE NE SIA MAI STATO UNO.
ALLO STATO ATTUALE DELLE INDAGINI AL "Confessore" E' IMPUTATO L'OMICIDIO DI 14 PERSONE, CHE NON PRESENTANO APPARENTEMENTE NESSUN LEGAME TRA LORO, AD ECCEZIONE DEL SESSO FEMMINILE DELLE VITTIME E L'ADESIONE AL PROGETTO "La Rinascita". SI SOSPETTA INOLTRE CHE IL NUMERO DELLE VITTIME SIA SUPERIORE.
"Il Confessore" E' STATO TROVATO MORTO NELLA SUA CELLA IL 12 MARZO 1992.
NON SONO ANCORA CHIARE LE DINAMICHE DEL SUICIDIO.
ESTRATTO DAL FASCICOLO N° AC17/2.


New York, 13 Dicembre 2008

David

- Mamma, mamma! Aiutami! Eddy, Eddy!
Il piccolo era terrorizzato, non riuscivamo a calmarlo. “Eddy, Eddy”. Continuava a ripetere quel maledetto nome. Cosa voleva ancora da lui Eddy?
- Calmati amore, dicci cosa è successo! Dov’è Eddy? Cosa vuole?
Lo abbraccio, lo tengo stretto al mio petto. Trema tutto come una foglia. Sembra impazzito.
Erano mesi ormai che non aveva una delle sue crisi e questo ci aveva fatto sperare per il meglio: il dottor Hughes disse che si trattava di una cosa passeggera, che la mente gli giocava dei brutti scherzi, ma che il piccolo avrebbe superato tutto senza problemi, dovevamo solo aspettare che vincesse la sua personale guerra. Disse che si trattava di una patologia piuttosto comune nei bambini della sua età, soprattutto se avevano subito qualche trauma, semplicemente David aveva un po’ più di difficoltà. Ci consigliò di affidare David alle cure di un nuovo psicologo che lo avrebbe seguito in una terapia per il superamento della paura (perché di questo si trattava: paura), ma non potevamo permetterci di far fronte alla sua parcella, così stabilimmo insieme al dottore che sarebbe stato meglio se ci fossimo trasferiti. Nel giro di due settimane ci stabilimmo nella casa dei miei nonni qui ad Ashville, un posto tranquillo in cui David poteva sentirsi al sicuro e superare il suo problema. Negli ultimi 5 mesi infatti, le cose sembravano sistemarsi e David diventava a poco a poco di nuovo un bambino come tutti gli altri: la mente aveva smesso di fare la pazza e lui aveva smesso di avere i suoi terribili incubi. Ora questi sembravano averlo raggiunto di nuovo!
- Mamma, mamma! Eddy ha fatto male a Rocky e adesso non si muove più! Eddy dice che lo ha fatto perché era divertente, ma secondo me non lo era, non lo era per niente, e lui ride e continua a ridere, lo sento! Vieni mamma!

Finalmente si è addormentato…- dissi veramente sollevato, avvicinandomi a Lycia che se ne stava seduta al tavolo della cucina con le mani che le coprivano il volto. Singhiozzava.
- Mio dio, amore, oggi è stato davvero terribile, non aveva mai avuto una crisi così violenta…cosa possiamo fare con lui? Le medicine non hanno alcun effetto e sono stanca di imbottirlo di psicofarmaci…e poi Rocky, amore, lo ha ucciso! – adesso piangeva.
- E’ stato orribile, orribile…ma non possiamo mollare adesso, abbiamo dato il massimo negli ultimi mesi e i risultati li abbiamo visti, no?
- Cazzo Phillip! David ha ucciso Rocky! Lo capisci? Gli ha legato le zampe allo steccato e lo ha preso a badilate! Ti sembra una cosa normale per un bambino di 11 anni? Eh? Cristo santo!
- Lycia calmati, adesso! So benissimo cosa ha fatto, ho slegato io il cane dalla palizzata, e io l’ho seppellito nell’orto! Ma non è stato lui, è stato Eddy…è lui che…
- Eddy non esiste!
- Sì che esiste, e David ne ha una paura fottuta, come io del resto. E’ da due anni che Eddy è membro indesiderato della nostra famiglia. Ogni giorno a tavola non siamo in tre, c’è anche Eddy, che mangia il nostro cibo attraverso la bocca del piccolo, Eddy è con David nel letto quando dorme ed è sempre con lui ovunque vada, perché è nella sua testa!
- Ma perché amore? Perché non lo lascia in pace? Ci sta rovinando la vita: abbiamo dovuto levare David da ogni scuola perché prontamente Eddy gli faceva fare qualcosa di terribile! Come cazzo lo spieghi al preside che non è stato tuo figlio, ma un demonio che si diverte a controllarlo, a graffettare con la cucitrice l’occhio del suo compagno di banco dopo avergli perforato le guance con la matita? O a spiegare che non è stato tuo figlio, ma questo mostro di nome Eddy, a spogliare nuda nel bagno quella povera bambina per poi quasi annegarla nella tazza mentre con la mano…
- Piantala!
- La stava violentando! Quella povera bambina…Come puoi prendere le difese di tuo figlio se lui non fa altro che comportarsi come un pazzo maniaco?
- Amore cerca di calmarti ora…
- Senza contare che nessun dottore capisce un cazzo: per ogni assurdità che David…
- Eddy!
- che David fa, quegli stupidi dottori hanno sempre una scusa pronta per giustificarlo e non si preoccupano nemmeno di capire cosa possa renderlo così… cosa spinga un bambino della sua età a comportarsi così! Ci prendono per il culo con frasi tipo “Non vi preoccupate, è solo mancanza di affetto”, “fa così perché vuole attirare l’attenzione”, “è colpa di tutta la violenza che c’è in televisione.” Sono tutte stronzate, Phil! E intanto si intascano dei bei bigliettoni. Ci hanno rovinato…
- Il dottor Hughes…
- Hughes è un coglione come tutti gli altri!
- E cosa dovremmo fare allora? Vorresti rinchiudere tuo figlio in un maledetto manicomio, metterlo in isolamento con una bella camicia di forza?
- No, noi lasciamo che lui ammazzi il suo cane a badilate…
- Non fare la spiritosa, cazzo.
- …
- …
- Comincio a pensare che ci stia prendendo in giro, che Eddy sia una figura creata ad hoc per essere incolpata quando David da libero sfogo alla sua violenza…
- Che stai dicendo? David è un bambino dolcissimo, e lo sai benissimo anche te…
- Ma allora perché fa così? Da dove nasce tutta quella violenza, cosa spinge il bambino a comportarsi come un pazzo? Perché non può essere un undicenne come tutti gli altri?
- Vieni qui amore…- la stringo a me.
- Mamma…- David è sulla porta, con le lacrime agli occhi. Non sembra aver pianto, piuttosto sono occhi rossi, colmi di rabbia. In mano tiene qualcosa di metallico.
- Mio dio amore cosa ci fai con quelle forbici? Avanti buttale!
- David, lascia andare immediatamente quelle forbici! Non azzardarti a fare niente o questa volta ti becchi un bel castigo!
- Mamma, Eddy non vuole lasciarmi in pace!
- Lo so, amore…ma adesso mollale!
- Dice che si diverte tanto con me, ma io non lo sopporto più! Ho provato a farlo andare via ma lui non vuole perché dice che uno facile da controllare come me non lo aveva mai trovato! Io non voglio che lui mi controlli ancora…
- La sappiamo amore, ma ti prego - piangeva - ti prego di non fare sciocchezze. Posa a terra quelle forbici, amore ti prego, ascolta la tua mamma…
- Oggi Eddy ha ucciso Rocky e mi ha costretto a dargli un mano…
- Sappiamo che non sei stato te amore…- parlavo cercando di avvicinarmi lentamente, dovevo disarmarlo prima che potesse far del male a noi e a se stesso.
- Eddy dice che è dentro di me…ma io voglio farlo uscire…
- Fermati David. NO!
Balzai fulmineo verso mio figlio che alzata la mano che impugnava le forbici, le puntava contro la tempia. Il mio movimento fu troppo lento e le lame gli penetrarono con forza nella testa. Potei sentire il rumore di cartilagine e ossa che venivano perforate. Si pugnalò e si uccise. David doveva aver concluso che quello fosse l’unico modo per liberarsi di Eddy… ci morì tra le braccia, in preda agli spasmi dovuti alla ferita mortale, mentre il sangue che sgorgava inarrestabile dalla tempia colorava di rosso il suo pigiama. Passammo tutta la notte a stringercelo al petto, abbracciati. Eddy non poteva più fargli del male.

venerdì 3 luglio 2009

La resistenza attiva

Un'esistenza che vuole essere vissuta al massimo finisce sempre per farci scontrare con le difficoltà maggiori. Sono i nostri stessi desideri di riscatto, di rivincita nei confronti di una vita che solo ci spinge lontano, nel buio, la fonte delle amarezze maggiori. Siamo scemi, dobbiamo esserlo di certo per non riuscire a capire che se le difficoltà non vengano affrontate non si va da nessuna parte...ma questo purtroppo non riusciamo a capirlo. La nostra risposta è sempre passiva. Ci limitiamo ad osservare dai comodi sedili dalla platea la nostra esistenza, che sempre più banalmente viene portata in scena sul nostro palco, il "nostro" non il "loro". E ci stiamo pure male! Ci offendiamo nel vederci ritrarre e impersonare da quegli attori cani, che della nostra vita non sanno niente e che pretendono pure di insegnarcela. Eppure stiamo lì come dei piccoli borghesucci, ad osservare. Ci accontentiamo di sopravvivere intellettualmente grazie ad una cultura che ci viene propinata dall'alto, quasi centellinata, e noi ce la facciamo bastare, siamo diventati bravi in questo. Ormai non riusciamo a renderci conto che abbiamo perso il contatto. Che quelle che noi consideriamo conquiste ci sono in realtà già state suggerite subdolamente dai grandi sistemi. Che allocchi! Il nostro pensiero critico non è stato distrutto, ma peggio, è stato ristrutturato, da cima a fondo. Abbiamo fatto grosse scorpacciate di indifferenza, di svogliatezza, di fiducia mal riposta e...e ora siamo qui, e siamo pure incazzati. Quello che vediamo di noi stessi non possiamo più sopportarlo e la prima reazione, la più spontanea, è quella del rigetto, del rifiuto. "Se non mi piaccio sarò diverso, cambierò!". Questo diventa il nostro motto, la nostra nuova scommessa di vita, e ancora una volta puntiamo sul cavallo sbagliato. Errare è umano e noi dimostriamo sempre più di esserlo, umani. Dobbiamo invece riappropriarci di noi stessi, del nostro pensiero, e per farlo non possiamo più dare retta a nessuno, perchè nessuno è più dalla nostra parte...non conviene. E' necesserio smettere di investire sugli altri e iniziare finalmente a preoccuparci di noi. Non sarà facile. Smettiamo di criticare il sistema perchè è tale, ma penetriamoci a fondo, completamente, con tutto noi stessi. Comprendiamolo e facciamolo nostro. Questa è la vera lotta. Il nemico va conosciuto prima di essere afforontato, e il nemico in questo momento siamo noi. Noi siamo il risultato della manipolazione e una volta istruiti siamo noi ad autocensurarci; ma, se siamo il cancro, per la prima volta siamo anche la cura. Impariamo a catalizzare la nostra frustrazione, la rabbia, l'odio e rendiamole nostre armi, non per lasciarci andare alle piccole sfuriate facilmente etichettabili come i soliti problemi causati dalle solite persone. Impariamo a controllare il nostro potere e a definire al massimo i nostri obbiettivi, ma per fare questo ci vorrà tempo e la ragione dovrà rimanere sempre desta e in allerta per rispondere ad armi pari ai continui attacchi che subiamo. Non commettiamo l'errore di lasciarci andare, chè in queste situazioni sarebbe la vera sconfitta: non dettata dall'avversario, ma causata dalla perdita dei nostri ideali.
Ripprapriamoci del nostro palco, non accontentiamoci di essere gli attori di noi stessi (che già sarebbe un bel passo avanti) ma diventiamo registi e sceneggiatori della nostra vita. Impariamo a fondo il copione e interveniamo con le giuste modifiche su di esso.
Smettiamo di accontentarci di una narrazione senza finale, ma cominciamo a idearne milioni!