sabato 12 dicembre 2009

Oggi - La vita vissuta in pochi istanti mattutini

Appena aperti gli occhi e passati quei primi istanti in cui si fatica a mettere a fuoco e in cui gli occhi, che ancora confondono la realtà con il sogno, un poco bruciano; dopo aver girato più volte la testa strofinandomi delicatamente la faccia sui dolci risvolti della fodera del cuscino ancora caldo, mentre con i piedi in fondo alle coperte cerco di raggiungere quelle piccole zone fresche agli angoli del materasso; dopo essermi girato sulla schiena facendo leva sulle braccia riposate ed essermi massaggiato il viso disteso con entrambe le mani per ristabile la sensibilità delle dita; dopo aver respirato, per la prima volta dopo tutta la notte, in modo irregolare con un grande sbadiglio che in pochissimo tempo mi riempie e svuota i polmoni; dopo un primo fallito tentativo di spingere fuori dal suo habit un piede per valutare la temperatura dell'esterno ed averlo immediatamente ritratto avvicinandolo all'altro per riscaldarlo; dopo che anche le braccia, instancabili pendolari, impegnate fuori dalle coperte nel massaggio al viso sentono di nuovo il bisogno della loro protezione; dopo che gli occhi finalmente riaperti a poco a poco cominciano ad abituarsi a quello spiraglio di luce mattutina che fa capolino da una crepa nella persiana e che disegna una retta luminosa sulla tenda immobile; dopo che anche le orecchie cominiciano ad abituarsi al silenzio della realtà; dopo tutte queste apparentemente insignificanti piccole cose, finalmente capisco:
capisco che un nuovo giorno ha inizio e che la notte l'ho ormai vissuta nell'irrealtà di un sogno dimenticato; capisco che ancora una volta torno a vivere, ad affacciarmi al mondo con i suoi problemi e le sue soluzioni; capisco che quell'avventura che chiamiamo Vita deve riprendere esattamente da dove l'avevo interrotta poche ore prima e che ancora una volta devo impugnare saldamente quell'arma che è il coraggio; capisco che dovrò ascoltare, capire, ignorare, stuzzicare, baciare, toccare persone e cose anche oggi.
Capisco di essere finalmente tornato, consapevole che, di nuovo, oggi vorrò andarmene...

domenica 6 dicembre 2009

La società dei consumi

Pubblico questo video perchè voglio qualcosa di estremamente profondo e culturale in questa pagina. Il video è l'espressione più profonda di un sentimento di abbattimento. Le parole di questo grandissimo intellettuale sono un pugno nello stomaco poichè, anche con la più grande faccia tosta, è impossibile non pesarle e rendersi conto di quanto esse vere siano.


venerdì 4 dicembre 2009

Atto ultimo

Mi hai rotto le palle, hai capito! Non ne posso più di te, davvero non ti sopporto! Mi stai sul cazzo, dove sei sempre stata per quanto mi riguarda. Mai una volta, dico una SOLA volta che tu sia stata carina con me! E io che ci tenevo a te, lo giuro, ma tu, no...tu e quella tua fottutissima indifferenza, tu mi hai rovinato! Mi hai tolto ogni gioia, non c'è stato un attimo in cui con te sia stato almeno un poco bene, mai, MAI! Ti odio, cazzo! Ti odio! Vaffanculo a te, e a me che sono stato così coglione da crederci anche per solo 10 secondi! Perchè io mi fido, mi fidavo, lo hai capito? Io mi fidavo, ma tu hai dovuto rovinare tutto, cazzo, come sempre. E adesso che dovrei fare io? Eh? Te lo dico io che cosa devo fare, che cosa farò: Io mi libererò di te! Addio, vaffanculo puttana!

La uccise, si uccise...

lunedì 30 novembre 2009

La vita dentro

Lentamente, nascondendo il volto fino al naso sotto a questa sciarpa rude, ma comunque eccellente schermo contro il freddo pungente di questo dicembre che pare infinito, sfilo dalla giacca interna il porta sigarette. Ci sono estremamente affezionato: custodendolo vicino al cuore ho viaggiato per il mondo, ho stretto mani di persone che mi sono diventate amiche e colpito al volto altre a cui ora sarei disposto a chiedere perdono; insieme a lui sono riuscito ad affrontare questa terribile prigionia che è la vita. Lo tengo in mano e accarezzo le adorate lettere incise sul suo dorso metallizzato, "Per Sempre" dicono.

giovedì 12 novembre 2009

Quando l'interesse e l'impegno sociale sono una colpa...

Mettiamo il caso che un giovane, di età compresa tra i 19 e 27 anni, oggi decida che forse la società e l'ambiente in cui vive, per un motivo o per l'altro, non gli va a genio e decida di impegnare il proprio tempo libero, e pure un po' di quello che già dedica ad altro che ritiene importante (magari gli studi, il lavoretto per mantenerli o quello stabile che gli garantisce un fututo, le compagnie e gli amicizie sempre importanti a questa età, la fidanzata del momento o quella con cui forse passerà il resto della vita), per partecipare e collaborare ad iniziative collettive o individuali, per migliorarli.
Certo, il contributo che potrà offrire nell'immediato non sarà sufficiente abbastanza da portare chissà che modifiche profonde, ma nel suo piccolo lui ci prova, che intanto qualcosa fa e questo basta per sentirsi soddisfatto, lui che fino ad ora non ha mai fatto molto.
Questo nostro eroe ora inizia la sua avventura!
"Che posso fare?" è la sua prima domanda. Apparentemente un ostacolo insormontabile, che non solo non lo demoralizza, ma lo sprona, perché, guardiamoci intorno, di cose da fare ce ne sono un sacco.  Bastano due passi per il proprio paese, chiacchierare due minuti con un amico, che anche lui qualcosa sa come farla e c'ha pure qualche idea non male, un'occhiata di intesa e la collaborazione è stretta, ci troviamo carta e penna, e buttiamo giù due idee, ok? Ok!
Riunione: Cosa non funziona? Beh, questo e quello, lo sai anche tu che così le cose non vanno bene e a me piacerebbe così, anche a me, hai scritto? sì. Cosa manca? Beh ti ricordi quando siamo andati a vedere quella cosa, non sarebbe male averla anche qui, no? No, anzi, allora scrivo. Scrivi. E se pensassimo anche di fare questo? tizio mi ha detto che lì da lui prima non c'era niente e adesso lo vedi che funziona bene, che ci mettono l'anima. Già, anche noi ci mettiamo tutto. E allora facciamolo!
Insomma, come vedete le idee non mancano, anzi, ora i due sono carichi come non mai , stanno finalmente partecipando a qualcosa che è un po' più grande di loro e ciò li entusiasma, forse anche troppo, di sicuro abbastanza da sparare fin troppo in alto, ma sognare non costa nulla e immaginando si parte già bene.
A questo punto i due eroi sanno dove è giusto intervenire, forse alcuni aspetti fondamenteali un po' gli mancano, magari qualcosa se la perdono per strada (anche volutamente per non rovinare la gioia del momento) e tirano dritto, avanti per la loro strada, come un treno che dopo anni di stazionamento finalmente si lancia nel binario giusto.
Forse la cosa sta acquistando più o meno forma, no? Sì, e parlarne con gli altri, lo abbiamo visto, ha fatto bene, tanti si sono pure coinvolti attivamente. Gli amici ora non sono solo la compagnia con cui impegnare le serate, ma anche nuove forze che si uniscono, come piccole gocce che diventano mare, perché in fondo le cose le vedono un po' tutti allo stesso modo e da sempre: sono cresciuti assieme e insieme continueranno, è questa la realtà del paese.
Poco a poco, quello che partiva così, con la semplicità dell'igenuità, se vogliamo, comincia a giocare un brutto scherzo alla nostra compagnia di eroi, che si convince sempre più (osservando meglio le cose e cogliendo piccoli segnali intorno a loro) che la loro generazione farà la rivoluzione, ci vuole solo ancora un po' di tempo e forse la causa per cui si combatte potrebbe diventare qualcosa di più che un'utopica speranza.
La percezione della loro inaspettata presenza nel bucolico paese, che inizialmente aveva suscitato interesse  e curiosità nella loro gente, presenza a volte vista con sincera ammirazione, altre volte meno, ora sembra essersi un pochino modificata, alterando un po' la sua forma e passando prima dal disinteresse (che magari abbassano i toni, o si stancano e insomma la smettono) al bisogna intervenire e "fare qualcosa".
La partecipazione, scoprono i nostro novelli, inevitabilmente finisce per pestare qualche piede e comunque meglio prevenire e non dargliene l'occasione, ché farsi beccare con le brache calate non piace a nessuno, soprattutto se poi bisogna dire "si sta quasi più comodi senza". Prova te a far capire loro che no, non sono interessato a soffiarti il posto, a screditare te e la tua politica; che no, non voglio nemmno fare quello che faccio per ottenere un riconoscimento che vada oltre l'apprezzamento per l'impegno che ci metto e cazzo, stai sicuro che ce ne metto un sacco; che puoi pure stare tranquillo che non ti remo contro come pensi ecc,  ma tanto non capiscono, è tutto inutile. E non pensate invece che quello per cui combatto debba in qualche modo favorirvi mettendovi belli belli sotto un riflettore: non voglio seguirvi, non l'ho mai fatto, chi o cosa vi ha indotto a pensarlo? Vuol dire che non mi avete capito dall'inizio, o che non ci avete nemmeno voluto provare!
Ecco, gli eroi sono costretti a subire quel processo che prima o poi tocca a tutti quelli che lasciano intendere di non voler essere ammaestrati, che non c'è un bastone che faccio meno male di un altro, e che nemmno cambia a seconda dalla mano che lo impugna; e così la causa ha inizio come pure la messa a morte.
In fondo la colpa è stata di quel giovane, ma che ci può fare se ogni tanto anche a lui piace sognare, e quanto bello è pensare di poter svegliarsi e sapere che non solo è reale, ma che se lo è lo è anche per merito proprio! Forse è stato il suo egoismo, la sua integrità che non gli ha permesso di sporcarsi almeno un po' le mani con il marcio che c'è e che tutti si aspettano uno condivida con loro, a rovinare tutto, ma che volete?, a lui piace essere libero, non migliore, ma libero di adattarsi all'ambiente che preferisce e di modellarlo per starci un po' più comodo. Purtroppo però oggi è tutto etichettato o etichettabile, e di conseguenza strumentalizzabile, anche la libera espressione, e se questa malauguratamente non coincide con la loro, la colpa è solo di chi la professa, perchè forse non ha capito come vanno le cose e, se lo ha capito e ha combattutto per cambiarle, sta sicuro che lo ha fatto per i suoi interessi e non per i nostri o per i loro.
L'unica cosa che resta è il sogno, almeno in quello non solo si può partecipare, ma si è chiamati a farlo!

domenica 8 novembre 2009

Io, Il Giongo, Lapis, una minestra ed un gatto

Ciò che mi accadde quel giorno ha qualcosa di incredibile e devo dire che ancora adesso mi tremano le sopracciglia, ma cominciamo dall'inizio...
Quella maledetta minestra pronta in 5 minuti, con i suoi pezzetti di verdura ancora bollenti, mi ustionò completamente lingua e palato: sarà stata una cosa da quarto o quinto grado minimo! Urlante Il Giongo e Lapis mi spallozzarono fino alla macchina, solo dopo però avermi infilato in bocca un pezzo della gamba della sedia, staccato con un calcio di taglio assassino, incastrandomelo con mano chirurgica (Giongo è becchino!) in modo da impedirmi di chiudere la mandibola, e garantendomi così una completa aereazione dell'intero apparato masticatorio.
Ricordo ancora perfettamente la corsa in ospedale. Lapis, dopo aver avviato con una testata al cofano della macchina, la sua Ape 5 posti (aveva saldato un portapacchi in amianto sul tettuccio per efficentare il trasporto delle zucchine), ingranò la retro e partì in quarta (?) verso il "San Gabriele Apostolo Caduto Nella Guerra Infernale Evidentemente Persa", mentre Il Giongo, una volta estrattili dal portaoggetti, mi ingozzava, infilandomeli con la mano intera nelle aperture laterali tra la ex gamba della sedia, ora crick infernale, e le mie labbra sempre più sottili, con quei cubetti di ghiaccio (garantivano la freschezza delle zucchine) che si scioglievano al minimo contatto con la mia lingua ardente, evaporando all'istante. Non riuscivo nemmeno ad urlare poiché la bocca mi si riempiva immadiatamente di acqua, e intanto i vetri della macchina si appannavano sempre di più per la condensa, tant'é che Lapis fu costretto a ricorrere ad una seconda testata per sfondare il parabrezza che, ormai completamente appannato, impediva di vedere qualcunque cosa.
La corsa fu sfrenata: ad ogni curva, per la velocità sostenuta, Lapis finiva per occupare la corsia opposta, sicché alla fine decise di correre sulla corsia che lui definiva "di emergenza", ma che altro non era che il marciapiede. Per evitare continue tragedie familiari investendo mamme, papà, nonni, bambini o animali da passeggio, Il Giongo dovette ricorrere al suo poderoso fischio, decisamente fastidioso e potente, che dai e dai, a forza di produrlo, lo meccanicizzò e ritmicò inconsapevolmente, facendolo corrispondere ad ogni manciata di ghiaccio che mi spingeva in bocca. Tale richiamo Tarzanesco stordiva per pochi istanti i passanti paralizzandoli per quei pochi istanti che permettevano a Lapis di schivarli con manovre a zig-zag e, dalle successive interviste televisive fatte ai malcapitati è emerso che non solo cadevano in una sorta di coma apparente, ma dimenticavano addirittura quello che stavano facendo collezionando piccoli vuoti di memoria ad intervalli regolari (come pure era il fischio)!
Problematica si rivelò la necessità di trovare parcheggio una volta giunti a destinazione. Fu così che quei due improvvisati paramedici decisero di parcheggiare direttamente in sala operatoria, sfruttando un marciapiede scosceso come rampa di lancio, per proiettarsi direttamente al primo piano, sfondando le vetrate e risvegliando dal coma 2 terzi dei pazienti in sala, facendo gridare al miracolo i medici che da anni li tenevano in cura (purtroppo per l'altro terzo si ottenne invece l'effetto contrario...).
Ancora urlante, e con entrambe le mani spezzate (Il Giongo dovette intervenire quando cercai di sfilarmi di bocca il crick infernale), fui deposto sul lettino e scortato d'urgenza nel reparto grandi ustionati dell'ospedale. Sfortunamente nonostante tutta la fatica fatta, a Lapis e a Il Giongo non fu permesso di assistere durante l'operazione, ma in compenso molte famiglie chiesero la loro collaborazione per convincere alcuni capi-reparto restii ad assicurare le cure a certi pazienti. Inutile dire che il loro aiuto si rivelò efficacissimo e ancora oggi ricevono a casa omaggi floreali, scatole di cioccalatini e biglietti per entrate gratuite ad importanti eventi mondini, dai familiari dei pazienti o dagli ex-pazienti stessi.
19 ore dopo finalmente fui dimesso. Venni accolto con entusiasmo, pacche sulle spalle, colorosi abbracci, baci e manette.
Fui arrestato per i danni creati alle infrastrutture stradali e persi qualche causa a fovore di alcuni passanti che, privati di quei pochi secondi di memoria durante il mio trasporto in ospedale, subirono un qualche danno morale (D.L. che dimenticò l'appuntamente tanto sofferto con quella che lui definisce "la più bella donna al mondo" e che ora non lo vuole più vedere: 4.500 €) o materiale (M.P. in particolare dimenticò, a causa del fischio, di ritirare una schedina vincente da 23.865 euro, che inutile dire, quando ricordò di aver avuto in tasca era già stata lavatricizzata e resa illeggibile).
Quanto e me devo dire che i medici hanno fatto un ottimo lavoro: solo la mia sensibilità percettiva è rimasta un po' alterata ed ora ho qualche difficoltà nel distinguere il gusto umami, ogni volta che mastico, la mandimola emette un rumoroso clack, forse a causa del gamba di sedia e forse non suonerò più il piano, ma i medici assicurano che in un paio d'anni le cose dovrebbero sistemarsi completamente.
Insomma tutto a posto...e invece no, manca ancora il gatto! Sì, esatto, manca quell'animale infernale da 13 chili, senza contare i baffi. Mentre tornavamo al quartier generale, dopo aver spinto faticosamente a mano giù dalla finestra del primo piano l'Ape, dato che per quanto insistente Lapis non riuscì a convincere il direttore a farci usare l'ascensore, ridavamo dell'accaduto, anzi, loro direvano, perchè io non riuscivo nemmeno ad articolare la lingua.
Parcheggiammo e ridavamo, salivamo le scale e ridavamo, aprivamo la porta e stavamo in silenzio (non so perché), la chiudavamo e ridavamo. Ridavamo così spensierati che non ci rendavamo conto che qualcosa di terribile stava per accadere. Entrammo in cucina e ce ne rendemmo conto.
Era lì, ci osservava con i suoi occhi diabolici e con i suoi baffi criminali, mentre noi, immobili, ancora non riuscivamo a concepire come una cosa del genere potesse essere possibile: il gatto stava scaldando con una fiamma ossidrica di origine gattesca (come portachiavi aveva un piccolo gomitolo di lana. N.d.r.) la mia minestra ancora intatta dal pranzo, e noi avevamo appena rovinato il suo piano.
Smise di puntare la fiamma contro la minestra, e la sfruttò per accendersi una sigaretta, sfilata con cura dal pacchetto di Lucky Strike che era sul tavolo. Fece un tiro, ed espirò facendo uscire lentamente il fumo attraverso le zanne, tenendo chiusi gli occhietti come se si godesse l'aroma del tabacco, poi si rigirò la sigaretta tra le dita e la spense sul tavolo.
Noi lo osservavamo e intanto nelle nostre menti le domande si accestallavano una sull'altra, ma tra tutte solo una venne contemporaneamente espressa a voce alta da tutti e tre: "Dove hai trovato quel portachiavi" (anche se io in realtà avevo mugugnato qualcosa del tipo: 'Ove hai trofato huel portahiavi?).
Il gatto ci osservò con disprezzo e rigirò il mozzicone spento spremendolo sul tavolo come un'arancia, se lo gettò dietro con fare di sfida, poi si girò e si accinse a saltare sul balcone della finestra. Contemporaneamente Lapis fece per fare uno scatto verso il felino per ucciderlo con una testata (eh lo so, ma Lapis è uno che le cose le fa ragionate), ma il gatto voltò il volto (scusate la ridondanza) e lanciò uno sguardo che lasciò Lapis interdetto, fece una risata e spiccò un agile balzo. Stava per atterrare silensiosamente quando io mi voltai verso Il Giongo e, con un cenno di intesa, quasi un lampo, gli comunicai telepaticamente che forse un nuovo taglio di capelli non avrebbe guastato e che era il momento di usare il suo super potere. Il Giongo colse, come sempre, e arricciando le labbra per inumidirle con la lingua, e divaricando le narici per tirare il fiato, rimpì i polmoni, che per la quantità d'aria inspirata diventarono 4, e la scaricò in un fischio tale che la città si ammutolì per 2 minuti e 17 secondi (fu allora che "Il Millennium Bug" smise di essere considerata una stupida psicosi). Il fischio raggiunse alla velocità della luce le sensibili orecchie del gatto, penetrò nel corpo dell'animale e in un istante lo disintegrò facendolo esplodere con un simpatico "Puf"!
Tutto era finito. Ci guardammo e scoppiammo in una fragorosa risata.
- Che cavolo ti è successo? Perchè cavolo sei ridotto così? - Fece Lapis piegato dalle risate. Io che non ricordavo nemmeno l'ustione alla lingua rimpiansi immediatamente di aver esclamato - Hè ne fò!
Il Giongo, intanto, si era avvicinato alla tavola e aveva preso posto di fronte al piatto. - Ragazzi, qui è pronto il pranzo! - Impugnò saldamente il cucchiaio storzandolo come sempre faceva senza riuscire a controllare la sua forza ditale, lo immerse nel liquido che ancora ribolliva, lo riempì completamente, lentamente se lo appoggiò alle labbra, lo osservò dubbioso come se qualcosa da lontano gli dicesse che quello che stava per fare era sbagliato, ma era un qualcosa di troppo lontano; e fu allora, guardando dei peli neri che ancora fluttuavano in aria per adagiarsi al pavimento formando una macchia nera, che ricordai tutto, come un lampo: l'ustione, la corsa in Ape, l'operazione, il gatto, il gatto con la fiamma ossidrica, il gatto che fumava, il gatto che esplodeva; ricordai ogni minimo dettaglio, ma ormai era troppo tardi: Il Giongo aveva ingoiato. Il Gongio era spacciato!
Io caddi in ginocchio...
Il Giongo chiuse gli occhi. Pensai alla sua trachea sciolta che gocciolava lentamente nello stomaco mentre come un acido la minestra lo corrodeva dall'interno, fino a sbucare a mo' di fontanella dalla pancia e bagnare il pavimento, solo per continuare ancora a scavare fino al piano di sotto.
Accadde invece qualcosa di inaspettato: Il Giongo si alzò, sbarrò gli occhi, li puntò su di me e disse - Questa minestra è...eccezionale! - Ma è ovvio, - gli fece subito eco Lapis - è fatta con le mie zucchine!



giovedì 5 novembre 2009

L'unica scelta

“Immaginate ora un uomo vittima del Pensiero; di un quell’unico irresistibile pensiero che giorno dopo giorno si fa sempre più insistente; pensiero che muta in ossessione e che si sostituisce ad ogni altro; pensiero che si fa carnefice e che concede alla sua vittima la sola consolazione di non essere più lasciata sola; pensiero che come un cancro si impadronisce della mente del pensatore, ed insieme ad essa del suo corpo e della sua vita…
Ma se ora, quell’uomo, compisse l’unica scelta possibile: deporre le armi ed inginocchiarsi davanti al suo terribile avversario, decidendo di rimettersi al suo volere; se questo uomo si immolasse come l’agnello sacrificale conscio della sua scelta; se fosse lui ad imboccare quella strada verso la perdizione; non manterrebbe forse quel piccolo dominio su se stesso, ed insieme ad esso la possibilità di salvarsi?
Immaginate…”

venerdì 23 ottobre 2009

Scrittura non creativa

Oggi... sempre... mai... quando... voglia... attengo... persone... parlano... fumano... vivono... scopano... briciole... vento... polvere... partire... lasciare... spesso... fino... magro... anoressia... malattia... cancro... polmoni... sigaretta... cartine... fumo... rollare... canna... droga... legalizzazione... leggi... parlamento... sovranità... democrazia... regime... regno... sudditi... rabbia... rivoluzione... guerra... dolore... ingiustizia... princìpi... idee... pace... meditazione... riflessione... pensiero... poesia... armonia... perfezione... ottimo... valutazione... esame... studio... conoscenza... sforzo... riposo... letto... calore... sogno... incubo... paura... angoscia... disturbante... rumore... lavoro... stress... fatica... soddisfazione... serenità... gioco... regole... impegno... squadra... amici... sostegno... scoglio... mare... onde... infinito... spazio... costellazioni... stelle... vip... banalità... fastidio... televisione... accesa... spenta... nero... umore... animo... spirito... alcool... fuoco... passione... amore... sesso...

sabato 17 ottobre 2009

Aforisma 1

Se tutti la pensassero come me, avrei molto da ridire.

Due chiacchere

Ciao, come va?
A cosa ti riferisci?
Niente in particolare, era solo un modo per buttare lì una cosa, per fare due chiacchere...
Adesso sei contento?
Come?
Dico, adesso che possiamo dire di aver fatto due chiacchere, ti senti contento? Sei soddisfatto?
S-sì, credo...
Quindi tutta questa conversazione è stata inutile?
Perchè devi fare così?
Così come?
Così!
Ah, intendi dire perchè devo dimastrare quanto sia patetico il silenzio tra due persone e di quanto lo sia altrettanto ogni futile tentativo di venire fuori dall'imbarazzo di quel silenzio? Intendevi chiedermi che senso aveva rispondere "così", al tuo sensato tentativo di dimostrare che è impossibile per due persone sentirsi sole quando si sta a 2 metri di distanza?
Cercavi forse, con parole così vaghe, di intavolare un qualsiasi discorso superficiale che ci avrebbe inevitabilemente condotto a riflettere su questioni più profonde del "quanto sopportiamo le nostre vite in questo momento", mettendo a nudo i nostri pensieri più intimi e riflettere sulle nostre esistenze?
B-beh...io...
Perchè se era questo che intendevi...
?
...non mi va tanto bene...

giovedì 15 ottobre 2009

Memoria

Mi manca il cielo, chi lo avrebbe mai detto.
Mi manca la palla infuocata che sprigionava tutto intorno a sè il suo animo luminoso in grado di scaldarmi la pelle e il cuore.
Mi manca la nuvola che quando alzo lo sguardo per quel singolo istante, nasconde il sole dietro lo schermo dei suoi sbuffetti dolci per il tempo necessario a distogliere lo sguardo per non rimanere abbagliato.
La nostalgia che ho della pioggia e del vento umido mi paralizza al solo pensiero: è un'estasi inginocchiarsi in mezzo al nulla, spalancare la bocca e placare la mia sete, goccia dopo goccia, con quell'acqua che cade, un po' dolce e poi più forte fino a pungermi la pelle come milioni di agni freddi, mentre il vento mi culla e mi scompiglia i capelli affettuosamente.
Non trattengo le lacrime se riporto alla memoria il morbidìo dei fili d'erba su cui amo giacere e che giocano ad entrare in ogni minima fessura, solleticandomi e prudendomi, ma senza procurarmi il minimo disturbo.

Muoio se penso a lei...
l'infinito dei suoi occhi è il mio cielo, il tepore del suo corpo il mio sole
I suoi capelli le dolci nuvole che nell'abbraccio nascondono i miei occhi sopra le sue spalle
La sua saliva è la mia acqua e le sue mani il vento benefico che mi accarezzano come un'amante
I suoi baci ogni filo d'erba del giardino fatato in cui non sono più solo

Tutto posso perdere perchè tutto la memoria mi riporta alla mente, ma lei mi è indispensabile e se la perdessi diverrebbe la memoria la mia peggior nemica, aguzzina e torturatrice...

martedì 13 ottobre 2009

lunedì 12 ottobre 2009

Un sogno...

Stanotte ho fatto un sogno triste. Mi capita spesso ultimamente. Sarà per il troppo caffè, ma non riesco a rinunciare a quell’aroma amaro e deciso che mi ricorda, ad ogni breve sorso caldo, quello che non sono.
La giornata era bellissima, una di quelle giornate autunnali che non si sono dimenticate dell’estate appena trascorsa e che, con il loro cielo terso sgombro di qualunque nuvola, ancora riscaldano abbastanza da permettere ad un intero bucato di asciugarsi al sole, risparmiando una notevole fatica ad ogni brava madre o single che abbia l’iniziativa di stendere i panni la domenica.
Santino, un nome come un altro per ogni buon cristiano, ma dal primo giorno di scuola elementare profondamente odiato dal suo proprietario, trascorreva questa bella giornata seduto al computer, concentrato nel destreggiarsi abilmente al videogioco del momento. Vinceva, si divertiva, ma sentiva freddo.
Suo fratello, minore per età, ma molto più maturo e intraprendente di carattere, suonava la chitarra in camera senza troppo preoccuparsi delle note mancate e dondolando su e giù, a destra e a sinistra, la testa, seguendo il ritmo del suo spartito mentale.
E così la mattina passava velocemente per entrambi. Forse un po’ meno per la madre che, poveretta, la trascorreva tra detersivi e stracci, pulendo a fondo casa, non avendo il tempo per farlo durante il resto della settimana. Anche nel giorno in cui il Signore si prese una piccola pausa, lei lavora. Lavora duramente lei, sempre. Lavora per se stessa, per i figli e per tutta la famiglia. Fa tutto e non esagero nel dire che con tutti i suoi sforzi, lei sola regge sulle spalle l’intera famiglia, magari non economicamente, a quello ci pensa il marito, ma tutto il resto su cui questa piccola grande società si basa.
Il sogno ora sembra un attimo offuscarsi e sbiadire come un dipinto a tempere sul quale viene lentamente versata a poco a poco l’acqua di un bicchiere. Il soggetto rimane sempre lo stesso, ma la sensazione di pace che trasmetteva prima si affievolisce: le pennellate un poco si mischiano tra loro, i contorni, non più tanto netti, perdono la loro linearità e contemporaneamente la loro capacità di distinguere le forme, i colori sono ora un po’ più freddi e anche la luminosità lascia posto ad un più malinconico effetto di intorpidimento.
Ora la famiglia non sembra più così felice. Il freddo si fa sempre più strada e attacca Santino alle mani e ai piedi costringendolo ad abbandonare più volte il suo gioco per strofinarseli e scaldarseli solo per soffrirne ancora di più una volta terminato il breve trattamento. Anche Marco sente freddo alle dita e questo lo impaccia nell’esecuzione: le corde non sono più pizzicate bene come prima e l’effetto non è più così piacevole a sentirsi e, nonostante la testa perseveri nei suoi movimenti ondulatori, i lineamenti del volto che prima esprimevano armonia, ora vengono deturpati dalle strizzate d’occhi e dagli arricciamenti delle labbra ad ogni errore commesso. La madre invece è fuori in cortile a raccattare stancamente i panni stesi, che rischiano, per la troppa umidità e l’improvvisa sparizione del sole dietro a qualche nuova nuvola, di dover subire un nuovo lavaggio.
Ora siamo nella cucina, all’ora di pranzo. Il pasto è servito e, come al solito, inizierà in assenza del padrone di casa, che pranzerà un po’ più tardi dopo essere rientrato dal lavoro. In casa c’è di nuovo pace. Si mangia e si scherza con facilità quando si è solo noi tre. L’aria di complicità purifica la stanza e sostituisce la malinconia che ti assale se provi a guardare il cielo troppo bianco.
Il rumore del motore, ormai immediatamente riconoscibile, precede il suo arrivo, ma questa strana nuova sensazione si fa più pesante una volta che dalla finestra si vede arrivare la macchina che entra direttamente dal cancello, precedentemente aperto, e imboccare il vialetto di casa.
Si aspetta ancora un poco, senza sollevare le posate dal piatto e una volta che lui entra si sentono mormorare dei tenui “buongiorno”, tranne la mamma che tiene un tono leggermente più alto, e che sembra quasi troppo forte in mezzo a quel silenzio imbarazzante.
E poi succede, lui si mette a tavola e non è più come prima. Ora si ascolta per davvero la tv, ci si finge interessati o ci si interessa sul serio. Le pietanze preparate non sono più buone come prima, ora servono solo a riempire lo stomaco. Le posate improvvisamente hanno smesso di far rumore, non si appoggiano nemmeno più, sfiorano il tavolo e infilzano delicatamente il cibo. Nemmeno i bicchieri si riempiono più fino all’orlo, ci si limita a versare quel tanto di acqua, anche solo un goccio, che ti serve per toglierti la sete, nonostante il palato rimanga asciutto.
E finiscono così il pranzo, la cena, tutti i pasti di tutti i giorni. Ci si alza da tavola e si va a lavarsi i denti, senza preoccuparsi se c’è chi ancora deve finire. Una volta alzati dalla sedia si è finalmente liberi e basta solo aspettare che anche lui finisca, perché una volta finito, si alzerà e si andrà a chiudere nel salotto o in camera per i fatti suoi, e allora si potrà ricreare nuovamente l’atmosfera andata perduta per quei 20 minuti, e che durerà tra noi tre nonostante le immancabili sue incursioni in cui ci intima di abbassare il tono della voce, o di ridere più piano, perché non riesce a seguire la tv e se ne andrà sbattendo tutte le porte che lo separano da noi…ma in fondo questo ci allieta.

E’ così che il sogno finisce.
Decido che posso finalmente alzarmi dal letto su cui ho passato disteso tutto il pomeriggio cercando di distrarmi e pensando ad altro per non sentire loro che parlavano a voce troppo alta, perché la cosa potesse sembrare solamente quotidiana. Devo essermi addormentato…
Vado in cucina e trovo la mamma che piange, “se ne è andato!”, mi dice, “ora siamo solo noi tre…!”.
Io mi volto, un sorriso si allarga sulla mie labbra.
“Spero che questo non sia un sogno”, ripeto tra me.

Confessioni di una mente ingannata

Che gioia…
Lo dico davvero e lo ripeto: Che Gioia!
E invece no…
Ormai non riesco più a capire nulla. Qualunque stimolo mi è completamente indifferente e niente, proprio niente è più in grado di tirarmi fuori da questo pozzo nero nel quale spanna dopo spanna mi sono calato…
Sto male, sto bene; non riesco più a capirlo. La mia mente è vittima di una confusione che neanche la stanza di un adolescente disordinato: è piena di oggetti, di ricordi, di sogni, di aspirazioni, di dolori…soprattutto di dolori…ma non è più possibile riordinarla, ormai tutto è fissato, bloccato nel suo spazio e ricoperto dal proprio strato di polvere; e io non me la sento di spostare nulla, anche solo di spolverare, perché so che mettere le mani in certi posti può rivelarsi molo doloroso.
Non riesco a spiegarmi, non so nemmeno cosa voglio dire. Quello che so però è che non posso fare altro che continuare, continuare a farmi del male.
Devo essere scemo, non ci sono altre spiegazioni! Devo essere uno scemo per non riuscire a comprendere anche io quello che così istintivamente hanno capito tutti gli altri per essere così diversi da me…Perché non posso essere anche io come loro? Perché per una volta non posso stare come stanno gli altri e smettere di essere me stesso?
Perché?
Odio il modo in cui questa terribile domanda “Perché?” possa essere posta all’infinito!
So benissimo che tutti hanno i loro problemi, i loro momenti bui, eppure sono convinto che nessuno li viva come li vivo io, e allora perché io non posso soffrire come loro?
Devo essere di certo impazzito! Questo continuo e terribile sentimento di frustrazione deve aver condotto la mia mente in un luogo malsano, in una zona paludosa, ed ora non sono più in grado di ritrovare la strada che mi ci ha condotto, perché da persona stupida quale sono non ho prestato attenzione nell’individuare o nel lasciare lungo il triste cammino dei punti di riferimento (chessò, magari seminando briciole di pane, oppure incidendo la corteccia di qualche albero). Sempre più oggi invece mi sto convincendo di non aver intenzionalmente prestato attenzione, perché inconsciamente io volevo perdermi, raggiungendo ad occhi serrati un luogo dal quale difficilmente sarei riuscito ad uscire…e devo dire di esserci riuscito: missione compiuta?
Ma chi voglio prendere in giro? La risposta la conosco: Me stesso!
E’ tutta la vita che lo faccio, da sempre l’unico obiettivo che la mia mente, aiutata dall’immaginazione, si è proposta, è stato quello di mentire, di mentire a l’unico essere al mondo che conosceva la verità: Io. E’ un concetto estremamente difficile da spiegare ma cercherò di farlo, e forse questo mi aiuterà a migliorare la mia situazione, o a peggiorarla ulteriormente, a seconda di chi io sia in questo momento…
Io non esisto più, di questo sono convinto (lo so!); forse un tempo sì, magari fino ai 10 anni, ovvero di quel periodo di cui ormai, lo giuro, non ricordo quasi nulla: a voi sembrerà incredibile, ma io se provo a pensarci, anche intensamente, non ho praticamente nessun ricordo del mio io fisico ed emotivo, a parte qualche flash! Lo so, vi sembrerà assurdo, ma ogni volta che penso a me da piccolo mi vengono in mente solamente le parole con cui i miei familiari mi descrivono o le solite 3 o 4 foto che vedo costantemente girovagando per le stanze di casa mia; per il resto sono solo istanti, piccoli estratti emotivi, sensazioni legate a qualche cosa che mi è capitato di cui mi sono oscure le dinamiche. Mi rendo conto che questa possa ricordarvi la trama di un banale film, e di certo il cinema ha influenzato non poco la mia vita, forse più di quanto io (?) non sia disposto ad ammettere, ma quello che provo ora è come fosse in risultato di un tentativo di intrusione da parte di una qualche forza, che ha rimaneggiato con i miei ricordi e che ha fatto casino; solo che mentre il cinema ci ha abituato, con le sue trame fantascientifiche, all’idea che queste intrusioni fossero opera di altri, magari camici bianchi senza scrupoli, demoni infernali o chissà che altro, nel mio caso, sono convinto di conoscere l’identità di questo maledetto invasore: un tale che risponde al nome di Mattia Gazziero.
Sono stato io che con la mia immaginazione sono arrivato a scavare così a fondo dentro di me per capirmi e comprendermi, da realizzare di non piacermi, e che poi, come un restauratore senza scrupoli, o uno speleologo che dopo aver fatto la scoperta del secolo la vuole tenere solo per se privandola a tutti gli altri, quando è arrivato il momento di tornare in superficie ha preferito modificare la conformazione naturale delle mie celluline cerebrali a suo piacimento e diletto.
Sono sicuro che deve essere stato un lavoro piuttosto duro (anzi, sono convinto di non aver mai lavorato tanto in vita mia), in quanto in questa opera di ristrutturazione ho compreso come non fosse sufficiente semplicemente modificare le cose, ma fosse altresì allo stesso tempo necessario fare in modo che il processo non si esaurisse lì, ma continuasse indipendentemente per il resto della mia esistenza…
…e così è stato!
Ha funzionato: io che non volevo più vestire i miei panni ho trovato il modo di ingannarmi, di prendermi gioco di me stesso consapevolmente (come se fosse possibile) e di costruirmi da zero un nuovo modo di pensare (perché cosa siamo noi se non pure pensiero e la considerazione che abbiamo del nostro io interiore?). Il risultato è che ora in qualunque ambiente io mi trovi, qualunque scelta io mi trovi ad affrontare, qualunque situazione mi si pari davanti, il mio modo di agire è finto, falso ed è, per concludere, sempre il risultato di una decisione finto-istintiva, subordinata a quella che mi piace identificare come una magnifica cattedrale di bugie autoimposte, sorretta da solidissime fondamenta che poggiano su quello che forse un tempo ero Io e che ora è “nulla”…ecco come mi immagino: come cattedrale, una gigantesca cattedrale, realizzata dal miglior architetto del mondo, la mia immaginazione, che soddisfa tutte le possibilità (materiali di costruzione, stili architettonici, decorazioni, stucchi, ecc), ma che galleggia, come sospesa, in uno spazio infinitamente vuoto, orbitando intorno ai numerosi villaggi-persone che le capita di incontrare sul proprio cammino, magari decidendo ogni tanto se diventare o meno la cattedrale di qualcuno di quei regni, ma senza offrire nulla di più che la sua presenza aleatoria ed inutile…
…questo io sono, e nulla più.
Penso che questo viaggio alla ricerca di me stesso in qualche modo possa avermi aiutato: capire di essere così è un primo passo verso…verso cosa? L’ennesima bugia o finalmente la verità? Questo non lo so, ma ho capito che nel profondo la mia più grande paura ormai è solo questa domanda:
Come posso riconoscermi?...
…alla quale subito ne è legata una seconda:
E se tutto questo viaggio interiore in realtà non fosse solo che un altro tentativo di inventarmi?

giovedì 17 settembre 2009

Pulp Fiction

Chi non conosce il celeberrimo capolavoro tarintiniano?
Di certo una della pietre miliari della storia del cinema, eppure anche lui vittima, purtroppo, dell'ignoranza cinematografica. Eh sì, anche una pellicola di cotale importanza è stata snobbata alla consegna degli oscar, anche se, nel suo sfortunato caso, non lo è stata del tutto in effetti, dato che un oscar se l'è pure portato a casa e ad altri è stato pure nominata... MA NON E' ABBASTANZA!
E allora eccomi, paladino indomito che spada in pugno, giungo a portare giustizia dove la giustizia non c'è, cancellando quest'onta e consegnando una volta per tutte l'opera tarantiniana all'Olimpo del cinema.

Pulp Fiction (1994)
Oscar per il miglior nome americano che non signafica un cazzo
Oscar per la più dolorosa fucilata al cattivo di The Mask
Oscar per il portafolgio originale
Oscar per la barzelletta più divertente
Oscar per la storia più commuovente vissuta da un orologio

Un piccolo regalino...
Ecco la strabiliante performance di Mia (Uma Thurman) durante la scena che ha valso l'oscar al film. Da notare la reazione estemamente travolgente di Vincent Vega (John Travolta), memorabile!

lunedì 14 settembre 2009

Sforzo mentale

Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo! Devo passarlo!
Devo...

Ma...

venerdì 11 settembre 2009

Vivere il cambiamento



Giustizia sarà fatta! (Nuova Rubrica Cinematografica)



PAPPARAPAPPARAPAPPAPAPAAAA!
E' con immenso piacere, e anche con un pizzico di commozione (direi cerebrale) che vi dò il benvenuto in questa nuova ed esaltante rubrica cinematografica; a mio avviso la migliore in assoluto! Ma bando alle ciance e passiamo subito a spiegare in cosa consisterà questo nuovo spazio ludico.
Dovete sapere che da sempre sono un appasionato di cinema.
Ecco, fine...
No dai, scherzo. Sono un grande appassionato si cinema, ma se c'è una cosa che difficilmente comprendo è l'assegnazione degli Oscar. Perché ci sono film che personalmente ritengo insopportabili che, solo perchè escono in un anno sfigato di cinema, fanno collezione di omini dorati, mentre film che io ritongo dei Capolavori (con la "C" maiuscola) vengono completamente snobbati e, ancora più di frequente, nemmeno candidati alle liste di assegnazione della statuetta? Proprio non lo capisco...
Mi sono chiesto allora come mai nessuno è mai stato così coraggioso da esporsi agli occhi della gente per condannare tutti quegli atti di ingiustizia di cui da sempre siamo testimoni e che quotidianamente distruggono il cinema? Perchè nessuno ha mai alzato la testa ed urlato con quanto fiato aveva in gola "Col cazzo che Titanic si merita 11 Oscar!". Perché nessuno ancora si ribella di fronte a tutta quella serie di abominii che le grandi majors americane sputano fuori a mo' di catena di montaggio e che non lasciano spazio per nessun altro (Vedi American Pie & CO)?
Stanco di vedere la settimana arte smaltellata da cima a fondo ho preso infine la decisione di combattere questi sopprusi con tutte le mie forze. Sono cosciente di correre enormi rischi, legati soprattutto all'incolumità fisica dalla mia persona, perchè tutti sappiamo dove le grandi case cinematografiche possono e sanno arrivare:chi non ricorda l'attentato a JFK perpetrato solo perchè il celeberrimo presidente americano aveva palesato qualche dubbio di fronte alle capacità attorali di Marylin Monroe (una delle attrici più in voga al tempo).
E' cosiì che io mi sento pronto, mi sento pronto di giurare di fronte a tutti voi ,cineasti frustrati e maltrattati, che mi impegnarò nell'intraprendere questo arduo cammino. Che sarò disposto a sacrificare tutte me stesso pur di raggiungere il mio obiettivo. Io vi prometto che risolleverò, con la mia coraggiosa voce, non priva di una punta di provocazione, le sorti della cinematografica stirpe, denunciando quelli che avrebbero dovuto essere i veri Oscar vinti da questo o da quel film, e che invece le solite lobby del potere industriale hanno impedito di asseganre, manipolando a loro favore le giurie, l'informazione ed i concorsi, solo per garantirsi un guadagno economico immenso, a discapito del vero cinema, quello che Io intendo riscattare.
Grazie!

Partiamo subito con le prime meritate assegnazioni degli Oscar!
Il film in carica, non eccezionale in effetti, ma comunque meritevole di vedersi con consegnare nelle mani ben 3 dei tanto ambiti trofei è:

L'incredibile Hulk (2008)

Oscar per la miglior battuta di una comparsa alla consegna di una pizza.
Oscar per il miglior calcio.
Oscar per la miglior apparizione di Iron Man alla fine del Film.

Assolutamente meritati direi!
Complimenti ad Hulk. Un applauso, Grazie!

martedì 8 settembre 2009

Sicurezze

Se fossi nato femmina a quest'ora vorrei di certo essere maschio...

mercoledì 2 settembre 2009

Lo strappo

Il calore è davvero insopportabile. Cerco di alzarmi dalla poltrona in pelle sulla quale,stranamente mi ero assopito mentre leggevo, ma la mia pelle sudata e scoperta (mi ero tolto la maglietta per beneficiare della lieve corrente di aria fredda prodotta dalle indistinguibili pale del ventilatore che vorticavano instancabili), si era praticamente saldata allo schienale. La sensazione è fastidiosa. Provo un attimo a staccarmi, no meglio di no. Mi appoggio nuovamente allo schienale, sistemo il libro nel tavolinetto a fianco e decido di dare un colpo secco...
SLAP!
...
Sono in ospedale: Ho da poco privato la schiena della sua amata epidermide!

mercoledì 26 agosto 2009

Numan - Uomo Nuovo

Numan
Pronto?
Si, si...sono io...
no, non credo di...
si mi dica, pure...
no, veramente...
mmm...
Cos?
Questa è...!
I-io...?
... ... ...
La prego, la smetta di di...
U-un fallito?
?
P-pu...
no, questo no, non penso che ne saraei in...
NO, non volevo dire...
si certo...
N-no, non vi deluderò!
Un momento, posso sapere con chi parlo?
Io?...Sì, ha ragione!

Uomo Nuovo

Parlo con il sig. T. H. Numan?
Riconosce la mia voce, o ha idea di chi io sia?
Molto bene, allora mi ascolti molto attentamente; cercherò di essere il più chiaro possibile, mi sta ascoltando?
Io so chi è lei, so tutto di lei: so che lavoro fa e so quanto lo destesti. So che è stanco di alzarsi tutte le mattine per raggiungere quel buco di ufficio e conosco la sensazione di dolore che prova alla bocca della stomaco appena prima di varcarne la soglia. So cosa pensa di sua moglie, Becky...ormai non la sopporta più! Ogni giorno accampa una scusa sempre nuova e sempre più ricdicola per non doverla vedere all'ora di pranzo: "Amore, oggi non possiamo vederci perchè hanno bisgono di me!", "ho avuto una discussione col capo!", "la riuione è stata spostata e sfortunatamente neache oggi potrò ripugnarmi nel vederti masticare un cavolo di Big Mac, fino a sentirmi il vomito in bocca!"...Diciamocelo, lei ormai odia sua moglie, non la sopporta...
...non sopporta più la sua presenza in casa e nel suo letto più o meno da dopo il primo mese di matromonio.
E Ted?
Anche lui le ha rovinato la vita, no? Il classico caso del migliore amico fin troppo migliore di te e che ti fa pesare ogni cm cubico di aria che sei costretto a respirare in sua presenza! Ted, l'amico che si scopa tua moglie!
...la pura verità, e lei lo sa. Gli ha anche sorpresi, si ricorda?
Però lei ha mandato giù tutto, come un poppante che viene imboccato dalla madre mentre è bloccato sul seggiolone. Ha preferito credere che a tutti succedono queste cose, che in fondo ogni matrimonio ha i suoi problemi, che la vita perfetta non la vive nessuno!
Non è stanco di tutto questo?
Apra gli occhi Newman: Lei è un fallito!
...Ma come sappiamo a tutto c'è un rimedio.
Non pensa che tutti quelli che hanno reso la sua vita una merda, meritino una punizione esemplare?
Che meritino di morire?
Oh, andiamo sig. Numan, perchè continua a delurermi, a deludere se stesso?
Sappiamo entrambi cosa è giusto che venga fatto...
Bene...allora credo che sia arrivato il momento di salutarci, sono sicuro che non ci deluderà!
Molto bene, addio...
Oh, ma lei lo sa chi sono...
Addio!

mercoledì 12 agosto 2009

Love Cookies (revisited)

Ingredienti necessari per il composto da usare come base sessuale:
n 2 esemplari di maschio
n 2 esemplari di femmina
(In realtà la ricetta convenzionale indica che ne basterebbe solo 1, ma essendo questa una mia personalissima rivisitazione ricettosa, ho optato per 2…così tanto per abbondare un po’ che non fa mai male! XD)

Procedimento per la base:
Prendete i 3 tre ingredienti e posizionateli in una boule in modo che tutti i tre stiano più o meno alla stessa distanza l’uno dall’altra, in questo modo nessuno nei tre si sentirà più avvantaggiato o svantaggiato nell’approccio. A questo punto coprite con un panno umido la boule e mettete a riposare per circa un’oretta a temperatura ambiente (anche qui posso comunque consigliare che migliori risultati li avrete se posizionate la ciotola in un luogo piuttosto caldo, magari nelle prossimità dei fornelli che tra un po’ andremo ad utilizzare; in questo caso il tempo di attesa potrà essere ridotto a mezz’ora, quaranta minuti).

Ingredienti per il ripieno:
250 gr di zucchero
150 gr di sale fino da cucina non iodato
150 gr di pepe nero macinato fino
Mezzo litro di latte intero
100 gr di farina 00
100 gr di panna da dolci
4 uova ben lavate
20 dl liquido amoroso (questo ingrediente, lo ammetto è piuttosto difficile da trovare in giro…io per comodità l’ho preso su ebay, che poi arriva comodamente a casa, che non è male! I prezzi sono piuttosto altalenanti e quindi starà alle vostre capacità informatiche riuscire a portavelo a casa con un’asta favorevole!)
40 dl di impegno sciolto
Una scorza di limone
Aroma alla cannella
5 pagine strappate dal vostro libro preferito
Mezzo barattolino di colla vinavil
1 bicchiere di vino bianco (o di birra a seconda di quale preferiate)

Procedimento:
Mettete a bollire il latte. Quando inizia a raggiungere il bollore cominciate ad aggiungere al latte la farina, mescolando lentamente a fuoco lento in modo da evitare che si creino grumi. Continuate a mescolare a fuoco lento ed aggiungete l’aroma alla cannella e la buccia di limone grattugiato. Questo deciso contrasto di sapori garantirà alla relazione sempre un’aria di freschezza!
Lasciate sul fuoco…

A parte, in un piatto fondo svuotate la colla e intingeteci un po’ alla volta le pagine strappate del vostro libro. Una volta che il composto vi sembrerà sufficientemente solido, versate i 40 dl di impegno. Così facendo l’impegno si legherà alle pagine scritte permettendo alla coppia di comprendere le difficoltà incontrate nel soddisfare sempre e a fondo i reciproci gusti! Sappiamo tutti quanto non sia facile no?
Ora versate il composto appena ottenuto nel latte e continuate a mescolare lentamente per 10 minuti circa. Levate dal fuoco lasciate raffreddare.
In un contenitore sbattete le 4 uova insieme a zucchero, pepe e sale con una frusta…se vedete che vi risulta difficile non fatevi scrupoli ad aggiungere un goccio di latte ogni tanto per facilitarvi il lavoro. Il composto dovrebbe diventate piuttosto solido e modellabile a mano. Svuotate su una pirofila e cercate di modellare fino ad ottenere una forma di cuore. Mi raccomando, questo passaggio è piuttosto delicato ma estremamente importante! Una volta raggiunto il risultato che volete infornate per 5 minuti a 180 gradi.
Recuperate la boule in cui sono contenuti i vostri esemplari e scopritela. Osservate attentamente la loro disposizione. Possono essersi verificati i seguenti casi:

- Orgia di gruppo
- Femmine con maschio
- Maschi con femmina
- 2 coppie etero
- 2 coppie omo
- Sesso a tre
- Orientamento bisex da parte di uno o più esemplari

Badate bene che non vi è un risultato migliore di un altro…qualunque sia la combinazione risultante niente influirà nella buona riuscita della nostra speciale ricetta! Solo nel caso gli esemplari non abbiano raggiunto uno stadio sufficientemente intimo per dar sfogo ai loro istinti allora siete pregati di ascoltare le ragioni del loro comportamento e aiutarli a raggiungere la stato d’animo necessario per poter proseguire. Potrete aiutarli versando nella ciotola un po’ del vino o della birra, a seconda delle vostre preferenze!

A questo punto disponete ordinatamente sul tavolo la boule con gli esemplari, il composto di latte e la forma di cuore che dopo essere stato in formo dovrebbe aver raggiunto un stadio solido, quasi croccante. Senza disturbare gli esemplari nei loro atti di copulamento versate nella boule il latte raffreddato fino a coprirli completamente. Mettete in forno e 180 gradi per 20 minuti.
Versate in un bicchiere l’alcolico che preferite!
Togliete dal forno e lasciate raffreddare per un po’ e poi versate in una salsiera.

A questo punto non vi resta che servire in tavola…Intingete il biscotto a forma di cuore prima nell’alcolico, poi nella salsiera, addentate e buona felicità!

Piero Calamandrei (discorso pronunciato al III Congresso in difesa della Scuola nazionale a Roma, 11 febbraio 1950.)

Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare; le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro.
La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito. Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi.
Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c'è un’altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime..

Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico.
Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.

lunedì 3 agosto 2009

Storiacchiando

La storia insegna.
Pare però che qui siano in troppi ad aver bisogno di ripetizioni...
Perchè la storia va scritta, ma anche riletta...

venerdì 31 luglio 2009

Una difficile compagna

La violenza da sempre condiziona la nostra esistenza. Nel corso de secoli abbiamo imparato a riconoscerla e a classificarla sempre in modi diversi a seconda delle sua natura è delle sue modalità di intervento, eppure non siamo mai riusciti ad esorcizzare l'attrazione che proviamo nei suoi confronti. Ogni nostro approccio alla violenza, che sia di denuncia, morboso, di intrattenimento, sadico magari, o di controllata indifferenza è uno dei tentativi di comprenderla., di capirne la natura, di affrontarla. Eppure rimane per noi un mistero sempre troppo sfuggevole, un enigma irrisolvibile. Come sabbia cerchiamo di stringerla tra la mani e di modellarla, ma lei scivola via tra le fessure delle dita e quello che resta sono pochi granelli e la consapevolezza di averla ancora una volta avvicinata e perduta.

martedì 14 luglio 2009

sabato 4 luglio 2009

FASCICOLO N° AC17/2

11 MARZO 1992, ORE: 18.23
"Sì, è vero. Sono stato io, io lo ho ucciso! Non ne potevo più...ogni notte, ogni maledetta notte lui...lo pregavo di smettere ma non mi ascoltava, anzi ci provava sempre più gusto, gli piaceva che qualcuno lo implorasse. Era un sadico, un sadico del cazzo...diceva che lo faceva per il nostro bene, lo capite? Lui lo faceva per noi, tutto noi. Io però non potevo soppertare oltre, vedere quegli occhi, quelle lacrime, sentire quelle maledette urla, quelle terribili parole. Lo faceva apposta quel bastardo, mi costringeva ad assistere ad ogni cosa, e io non riuscivo a reagire...rimanevo paralizzato, me la faceva addosso, mentre l'animale di fronte a me si divertiva! Ci provava un sacco di gusto nel vedermi accasciato al suolo, che mi coprivo gli occhi per non vedere e le orecchie per non sentire. "Dai torna a svolgere il tuo compito, la cerimonia non può proseguire se te ne stai lì...lo facciamo per il loro bene!", quante volte mi sono sentito dire queste parole a cui sempre obbedivo... "Se ti comporti così per così poco, di certo non invidi la mia posizione!" diceva... quanto si sbagliava maledetto, gliela invidio e come: vorrei essere io quello morto, quello che ha finalmente raggiunto la casa del Signore, e invece me ne sto qui, tormentato dai miei incubi, incubi che lui mi ha causato e che non mi abbandoneranno mai più...sono una maledizione: ogni notte mi fanno rivivere quelle mostruosità, ogni notte le facce di tutte quelle persone agonizzanti mi tornano alla mente...ogni notte..."

12 MARZO 1992, ORE: 22.33

Perchè mi ha fatto questo, eh? Lo volete sapere? Io lo so, lui si divertiva più a ridere di me, che non a torturare quelle ragazze, si è così, ero io la vera vittima...in fondo loro sapevano a cosa andavano in contro quando accettavano di entrare nel suo progetto di rinascita...ma io no, io non c'entravo un cazzo con il progetto...io mi limitavo a confessare, si le confessavo, durante il trattamento e mai, dico mai, le mie orecchie hanno sentito parole più sincere di quelle che uscivano dalla bocca di quelle peccatrici...ma bisognava farlo, qualcuno doveva redimere quelle anime affinchè potessero aspirare alla gioia eterna, e io mi offrii...non pensavo che liberando quelle persone dai loro peccati terribili...che ne sapevo che avrei condannato per sempre me stesso all'inferno?!
Ma il Signore lo sa e mi aspetta...


- CONFESSIONE DI Ismael Azur, CRIMINALE PLURIOMICIDA SOPRANNOMINATO "Il Confessore" REGISTRATA GRAZIE ALLE VIDEOCAMERE A CIRCUITO CHIUSO NELLA SUA CELLA DI ISOLAMENTO NEL CARCERE DI SING SING, OSSINING, NEW YORK.
LE INDAGINI NON HANNO ANCORA PERMESSO DI RISALIRE ALL'IDENTITA' DEL SUO PRESUNTO COMPLICE, ANCHE SE NULLA LASCIA INTENDERE CHE CE NE SIA MAI STATO UNO.
ALLO STATO ATTUALE DELLE INDAGINI AL "Confessore" E' IMPUTATO L'OMICIDIO DI 14 PERSONE, CHE NON PRESENTANO APPARENTEMENTE NESSUN LEGAME TRA LORO, AD ECCEZIONE DEL SESSO FEMMINILE DELLE VITTIME E L'ADESIONE AL PROGETTO "La Rinascita". SI SOSPETTA INOLTRE CHE IL NUMERO DELLE VITTIME SIA SUPERIORE.
"Il Confessore" E' STATO TROVATO MORTO NELLA SUA CELLA IL 12 MARZO 1992.
NON SONO ANCORA CHIARE LE DINAMICHE DEL SUICIDIO.
ESTRATTO DAL FASCICOLO N° AC17/2.


New York, 13 Dicembre 2008

David

- Mamma, mamma! Aiutami! Eddy, Eddy!
Il piccolo era terrorizzato, non riuscivamo a calmarlo. “Eddy, Eddy”. Continuava a ripetere quel maledetto nome. Cosa voleva ancora da lui Eddy?
- Calmati amore, dicci cosa è successo! Dov’è Eddy? Cosa vuole?
Lo abbraccio, lo tengo stretto al mio petto. Trema tutto come una foglia. Sembra impazzito.
Erano mesi ormai che non aveva una delle sue crisi e questo ci aveva fatto sperare per il meglio: il dottor Hughes disse che si trattava di una cosa passeggera, che la mente gli giocava dei brutti scherzi, ma che il piccolo avrebbe superato tutto senza problemi, dovevamo solo aspettare che vincesse la sua personale guerra. Disse che si trattava di una patologia piuttosto comune nei bambini della sua età, soprattutto se avevano subito qualche trauma, semplicemente David aveva un po’ più di difficoltà. Ci consigliò di affidare David alle cure di un nuovo psicologo che lo avrebbe seguito in una terapia per il superamento della paura (perché di questo si trattava: paura), ma non potevamo permetterci di far fronte alla sua parcella, così stabilimmo insieme al dottore che sarebbe stato meglio se ci fossimo trasferiti. Nel giro di due settimane ci stabilimmo nella casa dei miei nonni qui ad Ashville, un posto tranquillo in cui David poteva sentirsi al sicuro e superare il suo problema. Negli ultimi 5 mesi infatti, le cose sembravano sistemarsi e David diventava a poco a poco di nuovo un bambino come tutti gli altri: la mente aveva smesso di fare la pazza e lui aveva smesso di avere i suoi terribili incubi. Ora questi sembravano averlo raggiunto di nuovo!
- Mamma, mamma! Eddy ha fatto male a Rocky e adesso non si muove più! Eddy dice che lo ha fatto perché era divertente, ma secondo me non lo era, non lo era per niente, e lui ride e continua a ridere, lo sento! Vieni mamma!

Finalmente si è addormentato…- dissi veramente sollevato, avvicinandomi a Lycia che se ne stava seduta al tavolo della cucina con le mani che le coprivano il volto. Singhiozzava.
- Mio dio, amore, oggi è stato davvero terribile, non aveva mai avuto una crisi così violenta…cosa possiamo fare con lui? Le medicine non hanno alcun effetto e sono stanca di imbottirlo di psicofarmaci…e poi Rocky, amore, lo ha ucciso! – adesso piangeva.
- E’ stato orribile, orribile…ma non possiamo mollare adesso, abbiamo dato il massimo negli ultimi mesi e i risultati li abbiamo visti, no?
- Cazzo Phillip! David ha ucciso Rocky! Lo capisci? Gli ha legato le zampe allo steccato e lo ha preso a badilate! Ti sembra una cosa normale per un bambino di 11 anni? Eh? Cristo santo!
- Lycia calmati, adesso! So benissimo cosa ha fatto, ho slegato io il cane dalla palizzata, e io l’ho seppellito nell’orto! Ma non è stato lui, è stato Eddy…è lui che…
- Eddy non esiste!
- Sì che esiste, e David ne ha una paura fottuta, come io del resto. E’ da due anni che Eddy è membro indesiderato della nostra famiglia. Ogni giorno a tavola non siamo in tre, c’è anche Eddy, che mangia il nostro cibo attraverso la bocca del piccolo, Eddy è con David nel letto quando dorme ed è sempre con lui ovunque vada, perché è nella sua testa!
- Ma perché amore? Perché non lo lascia in pace? Ci sta rovinando la vita: abbiamo dovuto levare David da ogni scuola perché prontamente Eddy gli faceva fare qualcosa di terribile! Come cazzo lo spieghi al preside che non è stato tuo figlio, ma un demonio che si diverte a controllarlo, a graffettare con la cucitrice l’occhio del suo compagno di banco dopo avergli perforato le guance con la matita? O a spiegare che non è stato tuo figlio, ma questo mostro di nome Eddy, a spogliare nuda nel bagno quella povera bambina per poi quasi annegarla nella tazza mentre con la mano…
- Piantala!
- La stava violentando! Quella povera bambina…Come puoi prendere le difese di tuo figlio se lui non fa altro che comportarsi come un pazzo maniaco?
- Amore cerca di calmarti ora…
- Senza contare che nessun dottore capisce un cazzo: per ogni assurdità che David…
- Eddy!
- che David fa, quegli stupidi dottori hanno sempre una scusa pronta per giustificarlo e non si preoccupano nemmeno di capire cosa possa renderlo così… cosa spinga un bambino della sua età a comportarsi così! Ci prendono per il culo con frasi tipo “Non vi preoccupate, è solo mancanza di affetto”, “fa così perché vuole attirare l’attenzione”, “è colpa di tutta la violenza che c’è in televisione.” Sono tutte stronzate, Phil! E intanto si intascano dei bei bigliettoni. Ci hanno rovinato…
- Il dottor Hughes…
- Hughes è un coglione come tutti gli altri!
- E cosa dovremmo fare allora? Vorresti rinchiudere tuo figlio in un maledetto manicomio, metterlo in isolamento con una bella camicia di forza?
- No, noi lasciamo che lui ammazzi il suo cane a badilate…
- Non fare la spiritosa, cazzo.
- …
- …
- Comincio a pensare che ci stia prendendo in giro, che Eddy sia una figura creata ad hoc per essere incolpata quando David da libero sfogo alla sua violenza…
- Che stai dicendo? David è un bambino dolcissimo, e lo sai benissimo anche te…
- Ma allora perché fa così? Da dove nasce tutta quella violenza, cosa spinge il bambino a comportarsi come un pazzo? Perché non può essere un undicenne come tutti gli altri?
- Vieni qui amore…- la stringo a me.
- Mamma…- David è sulla porta, con le lacrime agli occhi. Non sembra aver pianto, piuttosto sono occhi rossi, colmi di rabbia. In mano tiene qualcosa di metallico.
- Mio dio amore cosa ci fai con quelle forbici? Avanti buttale!
- David, lascia andare immediatamente quelle forbici! Non azzardarti a fare niente o questa volta ti becchi un bel castigo!
- Mamma, Eddy non vuole lasciarmi in pace!
- Lo so, amore…ma adesso mollale!
- Dice che si diverte tanto con me, ma io non lo sopporto più! Ho provato a farlo andare via ma lui non vuole perché dice che uno facile da controllare come me non lo aveva mai trovato! Io non voglio che lui mi controlli ancora…
- La sappiamo amore, ma ti prego - piangeva - ti prego di non fare sciocchezze. Posa a terra quelle forbici, amore ti prego, ascolta la tua mamma…
- Oggi Eddy ha ucciso Rocky e mi ha costretto a dargli un mano…
- Sappiamo che non sei stato te amore…- parlavo cercando di avvicinarmi lentamente, dovevo disarmarlo prima che potesse far del male a noi e a se stesso.
- Eddy dice che è dentro di me…ma io voglio farlo uscire…
- Fermati David. NO!
Balzai fulmineo verso mio figlio che alzata la mano che impugnava le forbici, le puntava contro la tempia. Il mio movimento fu troppo lento e le lame gli penetrarono con forza nella testa. Potei sentire il rumore di cartilagine e ossa che venivano perforate. Si pugnalò e si uccise. David doveva aver concluso che quello fosse l’unico modo per liberarsi di Eddy… ci morì tra le braccia, in preda agli spasmi dovuti alla ferita mortale, mentre il sangue che sgorgava inarrestabile dalla tempia colorava di rosso il suo pigiama. Passammo tutta la notte a stringercelo al petto, abbracciati. Eddy non poteva più fargli del male.

venerdì 3 luglio 2009

La resistenza attiva

Un'esistenza che vuole essere vissuta al massimo finisce sempre per farci scontrare con le difficoltà maggiori. Sono i nostri stessi desideri di riscatto, di rivincita nei confronti di una vita che solo ci spinge lontano, nel buio, la fonte delle amarezze maggiori. Siamo scemi, dobbiamo esserlo di certo per non riuscire a capire che se le difficoltà non vengano affrontate non si va da nessuna parte...ma questo purtroppo non riusciamo a capirlo. La nostra risposta è sempre passiva. Ci limitiamo ad osservare dai comodi sedili dalla platea la nostra esistenza, che sempre più banalmente viene portata in scena sul nostro palco, il "nostro" non il "loro". E ci stiamo pure male! Ci offendiamo nel vederci ritrarre e impersonare da quegli attori cani, che della nostra vita non sanno niente e che pretendono pure di insegnarcela. Eppure stiamo lì come dei piccoli borghesucci, ad osservare. Ci accontentiamo di sopravvivere intellettualmente grazie ad una cultura che ci viene propinata dall'alto, quasi centellinata, e noi ce la facciamo bastare, siamo diventati bravi in questo. Ormai non riusciamo a renderci conto che abbiamo perso il contatto. Che quelle che noi consideriamo conquiste ci sono in realtà già state suggerite subdolamente dai grandi sistemi. Che allocchi! Il nostro pensiero critico non è stato distrutto, ma peggio, è stato ristrutturato, da cima a fondo. Abbiamo fatto grosse scorpacciate di indifferenza, di svogliatezza, di fiducia mal riposta e...e ora siamo qui, e siamo pure incazzati. Quello che vediamo di noi stessi non possiamo più sopportarlo e la prima reazione, la più spontanea, è quella del rigetto, del rifiuto. "Se non mi piaccio sarò diverso, cambierò!". Questo diventa il nostro motto, la nostra nuova scommessa di vita, e ancora una volta puntiamo sul cavallo sbagliato. Errare è umano e noi dimostriamo sempre più di esserlo, umani. Dobbiamo invece riappropriarci di noi stessi, del nostro pensiero, e per farlo non possiamo più dare retta a nessuno, perchè nessuno è più dalla nostra parte...non conviene. E' necesserio smettere di investire sugli altri e iniziare finalmente a preoccuparci di noi. Non sarà facile. Smettiamo di criticare il sistema perchè è tale, ma penetriamoci a fondo, completamente, con tutto noi stessi. Comprendiamolo e facciamolo nostro. Questa è la vera lotta. Il nemico va conosciuto prima di essere afforontato, e il nemico in questo momento siamo noi. Noi siamo il risultato della manipolazione e una volta istruiti siamo noi ad autocensurarci; ma, se siamo il cancro, per la prima volta siamo anche la cura. Impariamo a catalizzare la nostra frustrazione, la rabbia, l'odio e rendiamole nostre armi, non per lasciarci andare alle piccole sfuriate facilmente etichettabili come i soliti problemi causati dalle solite persone. Impariamo a controllare il nostro potere e a definire al massimo i nostri obbiettivi, ma per fare questo ci vorrà tempo e la ragione dovrà rimanere sempre desta e in allerta per rispondere ad armi pari ai continui attacchi che subiamo. Non commettiamo l'errore di lasciarci andare, chè in queste situazioni sarebbe la vera sconfitta: non dettata dall'avversario, ma causata dalla perdita dei nostri ideali.
Ripprapriamoci del nostro palco, non accontentiamoci di essere gli attori di noi stessi (che già sarebbe un bel passo avanti) ma diventiamo registi e sceneggiatori della nostra vita. Impariamo a fondo il copione e interveniamo con le giuste modifiche su di esso.
Smettiamo di accontentarci di una narrazione senza finale, ma cominciamo a idearne milioni!

lunedì 15 giugno 2009

Pensieri macchinosi

Ogni riferimento a persone, cose e soprattutto fatti, presenti o passati, sperimentati o solo immaginati, descritti qui sotto diventa reale in proporzione al desiderio del lettore di renderlo tale. Mattia, la sua fidanzata o Sabrina possono, nell’immaginazione del lettore diventare chiunque egli desideri e in loro è libero di immedesimarsi come pure prendere le dovute distanze. Non è nell’intenzione dell’autore turbare la sensibilità delle persone che decideranno di leggere questo post anzi, esso nasce dalla volontà di strappare qualche risata, qualche sorrisetto malizioso e perché no perfino di eccitare i lettori, ma soprattutto lettrici…fatemi sapere, su!

Dedico questo post alla mia meravigliosa fidanzata che con i suoi consigli, il suo fondamentale supporto e il suo “essere”, rappresenta la vera essenza dell’intero racconto. In lei ho trovato un importantissimo modello a cui ispirarmi per un buon 70% dello scritto (l’altro 30% rimane farina del mio pacc…ehm sacco!). Grazie amore! Xxx
Non mi resta quindi che augurarti una lettura che ti trascini violentemente nel mondo dell’eros adolescenziale, un contesto fisico-emotivo di cui, a mio avviso, è davvero troppo far parte…


PENSIERI MACCHINOSI

La masturbazione è bellissima, oltre che utilissima, eh gia! Tutti si masturbano, nonostante molti dicano di non farlo. Questi mentitori perseverano nel dichiarare il falso o perché vittime del terribile proverbio nonnesco “la masturbazione rende ciechi”, o perché plagiati dalla nostra edificante chiesa che ritiene l’atto masturbatorio demoniaco (poveretta, non ha ancora capito che la negazione aumenta i problemi piuttosto che una sana consapevolezza), o più spesso perché considerano la masturbazione come qualcosa che fanno solo gli sfigati che non hanno una che glielo smanetti al posto loro. Insomma il fai da te tanto invocato dall’Ikea non sembra essere poi così conveniente per un povero fanciullo arrapato slash allupato slash bisognoso di attenzioni altre.
Purtroppo per me, io alla masturbazione credo, e concordo con l’aforisma Alleniano “In fondo masturbarsi è fare sesso con una persona che si ama davvero!”. Niente di più giusto.
Fortunatamente non sono un pippaiolo, o almeno non sono un malato (ricordo quella scena di Full Metal Jacket in cui il gruppetto di soldati scherza sulle pratiche autogestite di un tizio a cui, stando alle loro parole, gli bastavano 5 minuti di noia per decidere come occupare il tempo; ecco, io non raggiungo questa soglia di necessità…), ma mi rendo conto che in certi momenti una pippa è utile, soprattutto se accompagnata poi da una cannetta.
Tutto questo preambolare per arrivare a dire che nonostante le mie ferme convinzioni, ultimamente faccio molta fatica a masturbarmi e questo lo devo principalmente alle amorevoli cure della mia fidanzata, che con il suo bellissimo corpo e i suoi gesti e movimenti, mi fa godere un sacco. Non è che mi stia lamentando, badate bene, è solo che un conto è il favoloso sesso fatto con il partner, un’altra cosa è appunto la necessità di sedare quegli istinti primordiali che non permettono ancora all’uomo di dichiararsi fuori dalla catena naturale (guardate il film schifezza “Calvaire” per capire di che cosa sto parlando!). Spesso durante quei particolari, ma sempre più frequenti momenti di intimità, io e la mia fidanzata ci esercitiamo con risultati sempre migliori in attività peccaminose. Posso garantire che non abbiamo nulla da invidiare a quelle coppie di teenagers statunitensi o tedesche soprattutto, che per vantarsi delle loro strabilianti prestazioni caricano tutti quei video sui loro rapporti su quei siti di sesso amatoriale in internet. In certi casi, lo ammetto, non mi sento inferiore nemmeno ai maestri del porno “a la Rocco”. Insomma mi capita di dirmi nella testa: “John Holmes mi fa una sega!”
Di sesso devo dire che non ne facciamo molto in effetti, ma quando ci riusciamo diamo davvero il massimo. La cosa più eccezionale è che non ci lasciamo immediatamente prendere dalla brutalità del sesso, ma cerchiamo comunque prima di creare quel giusto momento in cui iniziare rende le cose più vive. Tutti inizia con un sapiente dispendio di baci: si inizia ovviamente dalla bocca. Le lingue si intrappolano a vicenda e le labbra si aprono e si chiudono a ondate. La saliva diventa indispensabile come acqua. Le mani nel frattempo iniziano a toccare: si spingono nei punti più impensabili (ma anche no). Accarezzandole le gambe, spingendomi sempre più verso l’interno coscia, inizio a sentirla bagnarsi e contribuisco alla sua lubrificazione. La bocca comincia a scendere, percorrendo l’autostrada collinare del suo corpo, fino a raggiungere la galleria (capite di che parlo quando dico “galleria”?) e lì la lingua inizia a farsi spazio tra le labbra inferiori. Sento che lei ama questo mio trattamento. Capisco in quali punti ama la delicatezza e in quali invece preferisce si faccia più forte. Capisco e agisco di conseguenza. Inizio anche ad aiutarla con le dita: entro ed esco dolcemente, mentre la lingua persevera nella sua opera.
Ormai il momento è arrivato: mi distendo sopra di lei e sento le sue mani afferrarmelo per condurlo dentro. Alla prima penetrazione un fremito di piacere, le attraversa tutto il corpo, come una scossa che la obbliga a serrare le gambe, ma io so che non è questo che vuole e gliele tengo bene aperte con le mani. Inizio a penetrarla sempre più energicamente, e sento che più mi spingo, più lei è pronta ad accogliermi, fino a che la sento venire ed io con lei raggiungo sempre un potente orgasmo. Capirete anche voi che il sesso è magico e che a ben vedere è preferibile alla masturbazione, ma capirete bene che è anche molto più difficile trovare lo spazio e il tempo per farne. Non è che se sono sotto la doccia di casa, possa fare tutto sto sesso, no? Stessa cosa vale per il tempo che impiego ad addormentarmi, quando quel tipo di pensieri comincia ad invadermi la mente. Cosa pensate, che mi alzi, apra l’armadio, tiri fuori la mia ragazza e ci faccia sesso? Andiamo, in queste occasioni sono costretto a smanettare da solo.
Nonostante quindi la mia vita sessuale sia così brillante nei momenti di coppia, avrete capito che la masturbazione rimane per me e la mia soddisfazione orgasmica una pratica ancora troppo necessaria necessaria. E qui arriva il problema: a raggiungere l’apice del piacere, insomma a sborrare, non riesco come accadeva prima, se penso alla mia ragazza, ma arrivo ad un piacevolissimo orgasmo pensando e immaginando un'altra, e quel che è peggio è che nella mente mi scopi chessò Keira Knightley o Jessica Alba (quelle sono uscite dalla mia narrativa mentale ancora in terza superiore), no, io penso ad una ragazza a me molto vicina, una che esce insieme alla mia compagnia…io penso a Sabrina, “Sabri” per gli amici, “90 gradi” per tutti gli altri.
Non ne capisco il perché (non parlo del soprannome, quello mi pare piuttosto chiaro, ma del fatto che mi masturbi pensando a lei!), dato che caratterialmente non mi piace ed anzi, spesso mi stupisco della sua stupidità; ma cosa volete che vi dica? Vorrei solo che fosse il mio, il cazzo ad infilarsi tra la sue labbra e a riempirgli la bocca, e non quello di un qualunque cretino che non sa nemmeno come tenerselo in mano.
Molti di voi, sono sicuro staranno già pensando che io sia uno stronzo-maniaco-pervertito-bastardo: in fondo immagino di scopare con un’altra che tra l’altro è pure amica della mia fidanzata, e tutti sappiamo che certi pensieri sono pericolosi, e nascono dall’inconscio desiderio che si realizzino, soprattutto se si tratta di pensieri di natura sessuale. Diciamocelo, è appurato che se tutte le notti sogni di scoparti la tua segretaria, o la tua compagna di banco o chicchessia, lo fai perché Effettivamente vorresti scoparla (I sogni son desideri, no?). Se poi queste seghe mentali (letteralmente parlando) te le fai Volutamente pensando ad una che non è quella che già ti scopi abitualmente, solo per venire, la cosa si fa decisamente grave: ci sono un casino di studi psicologici che lo dimostrano, ma basterebbe anche solamente affidarsi al parere popolare, che in questi casi ha pure ricadute più elevate sull’opinione pubblica, rispetto a complicate ricerche psicologiche. Io però non sono Freud e di tutte ste menate popolari non me ne frega niente…se per venire uno deve pensare a sua sorella, o a sua madre, o a sua madre e sua sorella che si leccano, io credo che sia liberissimo di farlo, mica se la scopa sul serio no? E poi ci sono questi “famosi” studi che possono aiutarlo a decidere tra quale delle due scegliere per evitarsi il manicomio! Ok, questa era brutta. Io comunque non penso a mia sorella, non ce l’ho nemmeno una sorella, né tanto meno penso a mia madre, ma credo che se pensare in un certo senso ad un'altra possa essere paragonabile ad un tradimento, la razza umana sarebbe già estinta da quando è stato inventato il matrimonio! Beh, magari estinta no, però sicuramente messa peggio…
Comunque, all’inizio pensavo a Sabrina che veniva scopata e che ci dava dentro con qualcuno di non ben identificato: amico, amica (spesso penso al sesso lesbo lo ammetto), buttafuori, professore, datore di lavoro (che non ha perché non lavora), Tizio, Caio, ecc…; al mio uccello non importava ancora chi fosse il fortunato a sbattersela. Mi facevo dei pensierini immaginandomela spompinare uno conosciuto la sera stessa e che ha avuto solo la brillante idea di portarsela dietro qualche angolo buio. Mi stuzzicava anche immaginare lei che si informava dalla mia ragazza su come mi comportassi io a letto e che, nel sentirsi dire che sono un fenomeno, si bagnava lì sotto e doveva congedarsi poco dopo, chiudersi in un bagno e soddisfare l’eccitamento che il pensarmi le aveva procurato. Ora questo non mi basta più. Devo esserci Io insieme a lei. Devo essere Io a toccare la sua pelle chiara, Io a passarle la mano tra i capelli biondi ed Io a spingere la sua testa contro il mio cazzo fino a farglielo ingoiare completamente.
Stranamente poi, molte di queste fantasie erotiche, avevano luogo nella sua macchina, e ora, da quando sono patentato, nella mia. Non so perché ma immagino la macchina come un luogo molto interessante per del sesso facile. In fondo la macchina può diventare davvero un ottimo posto per scopare: basta parcheggiare che in una zona buia e poco frequentata (cosa che per alcuni non è nemmeno necessaria), ribaltare i sedili e darci dentro. Probabilmente la cosa che influisce di più è lo spazio che l’abitacolo della macchina può offrire: io ho una macchina dalle dimensioni modestissime e solo il volante può rappresentare un ostacolo non certo indifferente. Nelle mie fantasie spesso lei, senza nessun apparente motivo, ovviamente, mi chiede di fermarmi lì o lì e di spegnere la macchina. Io parcheggio e lei alza al sua minigonna mostrandomi che sfortunatamente quella volta le mutandine si è dimenticata di indossarle, poi me lo tira fuori e, con molta grazia, mi monta sopra e lo fa suo. Io spingo il sedile il più indietro possibile, mentre lei comincia lentamente e dondolarsi sopra di me, e poi le sfilo la maglietta di dosso, capendo che quel giorno le dimenticanze sono state più di una. Le spingo il busto contro il volante e affondo la faccia sulle sue tette sode, leccando e succhiando. Cominciamo ad accelerare nei movimenti: il suo andare su e giù si fa sempre più intenso e i suoi gemiti sempre più forti. Le spingo la testa all’indietro e lei sembra apprezzare il fatto di essere manipolata energicamente, così la spingo energicamente su e giù o cerco di aprirle le gambe il più possibile. Finalmente, quando sentiamo che stiamo per venire la spingo con le mani aggrappate alle sue tette contro il volante e il suono continuato del claxon fa da colonna sonora al nostro impetuoso orgasmo. Alla fine lei mi guarda soddisfatta, se lo sfila dalle gambe e ritorna ad occupare il sedile del passeggero, si china e lo tiene un po’ in bocca giocandoci con la lingua, lentamente…poi nella mia immaginazione a me viene duro di nuovo in pochi secondi e la spingo nei sedili posteriori, dove la penetro ancora un po’ davanti e concludo la mia performance penetrandola da dietro. Spesso il contesto scenografico esterno è corredato da passanti che, appunto passano oltre imbarazzati e, a volte da una ragazza (una sola volta mi è capitato di immaginare la mia fidanzata) che attirata dai gemiti di piacere o dall’ondeggiare della macchina, veniva a vedere, apriva la portiera e una che ci aveva sgamati, eccitata mi chiedeva se ci fossero le forze per soddisfare pure lei… Ovviamente c’erano!

Ora, parcheggiato davanti al cancello di casa Sabrina, me ne sto tranquillo a fantasticare su quello che farei se avessi il suo corpicino tra le mani. Sto seduto sul sedile del guidatore e aspetto che esca di casa. Mi aveva mandato un sms poche ore prima, chiedendomi se per favore, per andare alla festa, avessi potuto accompagnarla io, dato che aveva voglia di bere e scatenarsi, e non gli andava di guidare. Voleva far ubriacarsi come una spugna e dato che io non sono uno che ama bere fino al collasso e lei si è garantita il passaggio da uno che andava via tranquillo e che all’occasione si sarebbe pure fermato se avesse dovuto svuotare lo stomaco da tutto l’alcool che c’era dentro. Insomma aspettavo che quel cancello si aprisse e nell’attesa immaginavo di vederla passare di fronte alla finestra della sua camera nuda. Immaginavo anche di scoparmela. La vedevo lì che passava alla finestra intenta a vestirsi per la festa, e un attimo dopo io ero lì dentro che me la scopavo…magari fosse così facile anche nella vita reale.
Finalmente il dolce suono metallico del cancello elettrico mi distoglie dalle mie poco ortodosse fantasie e mi fa voltare verso di lei. Eccola. E’ bella, anche se meno bella nella realtà che non nelle mie fantasie. Apre la portiera e la richiude con dolcezza: la stessa dolcezza che nella mia testa impiegava nel farmi una sega. Monta su salutandomi con una strana innocenza. Ciao Mattia!. Nel sistemarsi sul sedile, la sua mano sinistra trascina la cintura verso l’attacco, facendola strusciare tra le sue piccole tette sode. Il gesto è palese e immediate è l’associazione di idee sessualmente esplicita che mi rimbalza nella mente: quella cintura avrebbe dovuto essere qualcos’altro, quel qualcosa che nelle mie mutande cominciava a svegliarsi. In quel momento la mente di lei deve aver sviluppato un pensiero simile al mio, perché si è accorta del gesto un po’ imprudente appena compiuto, come pure si è accorta che pure io l’ho notato. E’ a quel punto che lei mi fissa un po’ imbarazzata (o no?) e ripete il gesto in modo più spinto, perché stavolta, fingendo che la cintura non fosse ben sistemata nell’attacco, ripete il tutto gonfiando un po’ il petto, mostrandomi da sotto la magliettina e capezzoli eccitati. Puoi partire… Io ingrano la marcia, ma il suo sguardo fisso in mezzo al mio pacco, oltre a farmelo venire ancora più duro davanti ai suoi occhi scuri, mi distrae, impedendomi di eseguire una perfetta manovra di inversione. Che fai? Vuoi che ti dia una mano? Maledetta, sa benissimo che effetto ha su di me, e le piace giocare: è per questo che tende la mano destra, offrendosi di aiutarmi ad inserire meglio la marcia, ma quella invece di appoggiarsi bene sul cambio e spingere dentro bene la retro, prosegue il suo movimento e va a planare sulla protuberanza in mezzo alle mie gambe. Allora? Con la sua mano che tasta e saggia la forza della mia erezione, mi invita a completare la manovra, ed io eseguo.
Guido con lei girata verso di me con la mano destra che si fa strada prima sotto i pantaloni, e poi sotto alle mutande (la manovra è facile, entrambi i capi sono elasticizzati!), mentre il braccio sinistro le funge da sostegno, appoggiato al mio sedile. Quello che sta facendo è evidente, tanto per me come per chiunque ci guardi, dato che di luce ce n’è ancora abbastanza da permettere a qualunque passante del nostro paese di riconoscerci perfino in faccia e la mia espressione inebetita di certo non può che confermare l’intuizione che quelli hanno nel vedere sta ragazza messa così: è evidente che mi sta facendo una sega; in macchina; mentre guido; senza badare a niente e nessuno. E nemmeno usando la sinistra, cosa che le permetterebbe di mantenere una posizione normale sul sedile, senza destare troppi sospetti no, lei mi sta facendo una magnifica sega usando la destra, e questo la obbliga ad essere voltata con il busto verso di me, dando il profilo agli automobilisti che guidano davanti a me, e la schiena ai pedoni che buttano l’occhio mentre passeggiano tranquilli sul marciapiede.
Lei sue dita afferrano dolcemente il mio cazzo, ormai in piena erezione e completamente scoperto, dato che per facilitarsi il trattamento lei mi ha sapientemente sfilato pantaloncini e mutande fino alle ginocchia. Nei momenti in cui la mia mano destra non è impegnata nel cambio delle marce, le accarezzo dolcemente il viso, infilandole il pollice in bocca, giocherellando con la lingua, giusto per farle capire fino a dove mi piacerebbe che si spingesse…
Dopo un po’ di minuti lei sembra afferrare il messaggio e finalmente decide di scendere anche con la testa; ha decisamente colto nel segno! I suoi capelli mi passano davanti, mentre si piega per infilarselo in bocca. Il tocco delle labbra mi provoca una scarica pazzesca e il contatto con la sua lingua calda mi fa trasalire. Succhia piccola, succhialo per bene…su e giù, su e giù…su e giù…su…e…giù…
Allora?
Eh? Cosa?
Vuoi partire si o no? Non ho nessuna intenzione di arrivare tardi alla festa!
Si, si, scusa…
Inizio la mia inversione, veramente stavolta. Nessuna mano sembra intenzionata a muoversi verso il mio pacco e la cintura compie il suo dovere nel modo più comune possibile: si lascia allacciare facilmente, il tutto senza creare chissà quale situazione erotica.
Grazie per il passaggio, sai se guidavo io non potevo ubriacarmi come invece farò! Ah ah!
(Ma vaffanculo, mi devi un pompino!)
Prometto che saprò ricompensarti adeguatamente…sono una che ci sa fare sai!
Lo so, lo so…
?...Comunque, sai che la tua macchina è proprio carina?
Somma…
Ti ci sei mai sbattuto una ragazza in quei sedili?
Eh?
Dicevo: Ti è mai capitato di far stendere una ragazza nei sedili dietro e farla godere tenendola a gambe aperte?
Una volta ho fatto qualcosa di carino con la mia fidanzata…
E ti è piaciuto?
Sì…
E a lei è piaciuto?
Credo di sì…
Scommetto che a scopare in macchina sono molto più brava io…
(Non ho dubbi…) ah Si?
Decisamente…e diciamo che insomma…i tuoi sedili non sono nemmeno così male, sono piuttosto comodi…
Stai cercando di dirmi qualcosa?
Cosa ti sfugge ancora?
Quindi mi stai proponendo di scoparti qui sui sedili posteriori?
Diciamo che non saresti tu a scopare me…
Cazzo, mica lascio la macchina ad uno che ti scopi qui dietro…
Non hai capito: sarei io a scoparmi te!
Ah si?
Sì…ci stai?

Non dirmi che sei timido. Ma non devi preoccuparti, io so come far sentire un ragazzo a proprio agio…

Allora?

Ehi che hai? Ah! Ho capito…vuoi un piccolo antipasto prima di passare al piatto forte? Ok…
Comincia ad avvicinare la mano.
Mi fermo. Accosto.
Dai piccola scendi!
Non mi ero accorta che fossimo arrivati…
Non siamo arrivati…dai scendi…
Ma che dici?
Ti dico di scendere…
Sei proprio uno stronzo!
Lo so…uno stronzo fidanzato…
Sei uno sfigato!
Mi dispiace, ma una come te mi va bene solo in determinati contesti…e poi non sei così lontana, casa di Stefano è a 10 minuti a piedi, ti faranno bene…
Vaffanculo!
Ciao!
E io poi come ci torno a casa?
Sono sicuro che non faticherai poi tanto a trovare uno disposto a montart!
Spiritoso…ma rimani comunque carino. Un giorno forse…
Ciao…
Si ciao!

(Che situazione del cavolo. Però ci sono andato parecchio vicino. Uff!
Ormai sono quasi arrivato, spero che sia a casa, sennò mi sono fatto un sacco di strada per niente.)
Parcheggio nel vialetto di casa sua, tiro il freno a mano, abbasso i finestrini e do un colpo di claxon. Aspetto.
Due colpi.
Finalmente vedo le tende della sua finestra diradarsi un attimo, e la sua testa fa capolino. Mi sorride. Adoro quando sorride. Mi fa un cenno con la mano e sparisce di nuovo dietro la tendina. Pochi secondi ed esce di casa. Di certo non si aspettava visite: indossa una semplice magliettina colorata, un po’ scollata e una gonna, dalle tonalità altrettanto luminose, ondeggia ad ogni suo passetto veloce nella mia direzione. È ancora a qualche metro dalla macchina che già mi saluta.
Ciao, ma che ci fai qui? Non dovresti essere alla festa di Stefano?
Sai come la penso io sulle feste…
Sì lo so: il casino, la musica, il non poter bere, la gente che ti si avvicina senza conoscerti e che ti si attacca per tutta la sera addosso… non è roba per te…
Mi conosci…
Fin troppo bene, e nonostante tutto mi stupisci sempre come in questo caso…
Senti, quanto ci metteresti a metterti qualcosa e venire a fare un giro con me?
Due secondi! Vieni dentro…
La seguo in camera sua.
Non vorrai mica stare qua a valutare il tuo campionario di vestiti? Mettiti qualcosa di decente per uscire un po’ e basta, non farti troppi problemi!
Che palle che sei, tanto ho già scelto. Questo ti piace?
Mi piaceva…
Massì mettiti quello che vuoi!
Sempre d’aiuto come al solito eh? Allora metto questo, tanto per te non cambia giusto?
Giusto!
Si sfila la maglietta colorata e la gonnellina, e vedermela lì davanti in reggiseno e mutandine mi fa davvero venire voglia di saltarle addosso. Ma alzo dal letto e mi avvicino. Mi posiziono dietro di lei e con le mani le accarezzo prima il seno e poi scendo. Mi infilo per pochi secondi sotto le mutandine. Entro un po’ con il dito medio. Giusto il tempo per sentirla bagnarsi ed esco. Un vero e proprio tocca e fuggi. Lei si volta, mi da un bacio e me lo tira lentamente fuori. E’ già in completa erezione. Mi spinge in po’ per farmi sedere sul bordo del letto e mi si inginocchia davanti. Lo guarda un po’ compiaciuta e alza lo sguardo su me, rivolgendomi un sorriso maliziosetto. Inizia a leccarmelo dolcemente e poi se lo fa sparire in bacca. Me lo succhia quel tanto che basta perché, una volta smesso qualche minuto, mi dispiaccia che non continui, ma in fondo fa lo stesso che ho fatto io con lei poco prima. Amiamo stuzzicarci a vicenda.
Dai su, che così non riesco a prepararmi!
Occheiii…
Il vestitino le sta perfettamente. Ma non glielo dico.
Andiamo?
Si!
Mentre lei chiude casa io avvio la macchina.
Allora dove mi porta, mio bellissimo autista?
In un posto tranquillo, un po’ appartato, dove io possa approfittare di lei, signorina!
Devo dire che la cosa mi stuzzica un po’! In marcia allora!
Ai suoi ordini!
Sbaglio o le miei orecchie hanno udito pronunciare la frase “Ai suoi ordini”?
Non sbaglia…
Come immaginavo! Allora al mio buon autista non le dispiacerà di guidare mezzo nudo cosicché io possa ammirare le sue qualità anatomiche?
Vuole che mi tolga la maglietta?
Veramente non mi riferivo a quella metà…
Mi sfilo pantaloncini e mutande. Sono estremamente eccitato, ed è evidente.
La mia signora apprezza?
Molto! Prego, può andare!