domenica 28 febbraio 2010

Fermarsi

A un certo punto bisogna fermarsi.
E' il corpo affaticato che lo richiede.
Si può scappare per molto tempo - spesso per troppo tempo - ma non indefinitamente.
Fermarsi non è un atto di coraggio. E' spossatezza. Ma nella tua mente lo puoi trasformare in eroismo. Per farti tenere compagnia da questo pensiero, per infonderti forza, per convincerti che non sei poi così indifesa di fronte a ciò da cui scappi, e che ora si avvicina. Sempre di più. Il tempo di pensarlo, un lampo, e ti sono addosso.

domenica 14 febbraio 2010

Spezzare gli equilibri

Fu al cinema quando per la prima volta ci esaminammo senza particolare simpatia, ma provando uno strano senso di solidarietà: in quel momento registrammo la nostra rispettiva solitudine.
In fila, tutti stavano a due a due. Coppie di giovani amanti, sposini, genitori figli, nonni con nipoti. Tutti, chi per mano, chi a braccetto, si stringevano gli uni agli altri in quel comune, ma indispensabile contatto. Solo le nostre mani erano libere, sciolte da qualunque legame. Mani da sempre estranee al contatto fisico al punto di rinunciarvi per sempre, preferendo trovar rifugio nelle tasche.
Eravamo soli, consapevoli della nostra solitudine. Fu sofficiente una seconda fugace occhiata, un incrocio di sguardi. Nei suoi spenti occhi, come tra le pagine di un libro, potevo leggere la storia della sua e della mia vita miscelate insieme da una penna impacciata che, mossa da compassione, donava ai suoi personaggi l’unica opportunità di guadagnare spessore. La distanza che seperava le nostre banali vite, venne annientata . Ci legammo l’uno all’altra. Eravamo un tutt'uno.
Attraverso quel contatto seppi tutto di lei. Potei scrutare la sua anima ad un livello così intimo che mi sentii colpevole per aver profanato quei fragili territori che tutti celiamo nel profondo e ai quali impediamo a chiunque di accedere.

lunedì 1 febbraio 2010

Il rapimento

La spia rossa sopra l’obiettivo era accesa, la videocamera stava riprendendo: inquadrava una sedia vuota sistemata davanti al letto di una angusta e sporca camera di motel. La debole luce di una abat-jour posta sul comodino di fianco al letto matrimoniale, ancora perfettamente rifatto, si diffondeva fiocamente nella parte nord della stanza.
Passarono solo pochi secondi quando una seconda luce, più forte, investì la camera illuminando completamente il letto e la sedia. Una mano poggiò una valigetta 24h in pelle nera ed una giacca elegante, appendendola allo schienale. Nulla più si mosse e la totale assenza di rumore la faceva ora apparire completamente deserta la stanza.