domenica 28 febbraio 2010

Fermarsi

A un certo punto bisogna fermarsi.
E' il corpo affaticato che lo richiede.
Si può scappare per molto tempo - spesso per troppo tempo - ma non indefinitamente.
Fermarsi non è un atto di coraggio. E' spossatezza. Ma nella tua mente lo puoi trasformare in eroismo. Per farti tenere compagnia da questo pensiero, per infonderti forza, per convincerti che non sei poi così indifesa di fronte a ciò da cui scappi, e che ora si avvicina. Sempre di più. Il tempo di pensarlo, un lampo, e ti sono addosso.


E' tempo di farlo.
Di affrontare ciò che ti riempie l'anima, e che hai insabbiato. Illudendoti che sarebbe rimasto inerte per sempre - e al contempo terrorizzata a questo pensiero. Non poteva succedere, lo sai. Era un sonno da cui prima o poi mi sarei svegliato.

Le parole ti escono a fatica, all'inizio, e incespichi spesso sulla tastiera. Torna indietro, correggi le lettere invertite, non "teemre" ma "temere", non "lav oce" ma "la voce". Piccoli errori che denotano un lungo sonno delle dita e del cuore.
Anni ed anni sono passati, giorno dopo giorno inghiottiti dall'oblio. La carta che in passato riempivi di parole non fermava il tempo, ma riusciva ad impigliarlo, a volte. Brandelli preziosissimi di tempo passato fissati su un foglio con frasi appuntate velocemente, comprensibili solo a te. Una volta era così. Avevi l'impressione che il tempo non passasse, perché avevi i tuoi modi per trattenerlo. E poi lo rileggevi. Il tuo tempo. Ti era amico.
Ricordi le volte in cui avevi l'impressione che qualcosa ti guidasse? Come se qualcuno ti prendesse la mano nella sua e ti dettasse frasi che all'inizio ti stupivano, ti suonavano estranee. Poi ti accorgevi che erano profondamente giuste. Che ti rispecchiavano da dentro. E che ti sentivi più leggera.
Per me era bello liberarti poco a poco l'anima dai troppi pensieri rinchiusi. Erano ancora caldi e vivi quando finivano sulla carta, e tu li guardavi e sorridevi.

Sai di avermi svegliato tu?
Sì, lo sai. Non potevi lasciarmi dormire per sempre. Sei nauseata quanto me da tutti i ricordi marciti che ti si stipano nella mente, di tutto il tempo che non hai impigliato con i tuoi puntelli di parole. La confusione che hai dentro ti mangia pian piano. Hai smesso di fare qualcosa che ti è necessario. E' un pensiero che non ti ha mai abbandonata. Per qualcuno è necessario suonare una chitarra facendole sputare fuori la propria anima. Per altri è scrivere racconti in cui lasciar trasparire il proprio cuore. Tu devi semplicemente raccontarti a te stessa. Per non perderti nulla di te e del tuo tempo. Quando lo facevi riuscivi a sciogliere l'interiorità contorta che a volte di te ti spaventa.
Cos'è rimasto sotto la cenere con cui mi hai coperto? Posso ancora aiutarti a sbrogliare il tuo cuore?

Fissi la frase che ti ho dettato da almeno cinque minuti e temi di andare avanti. Di andare avanti e di vedere che la risposta è no. Che sei prolissa, irrigidita, che a chi legge non trasmetti nulla se non confusione.

Sì, è possibile. E' stato un lungo sonno, a conti fatti. E io sono una voce invisibile come tante, non così speciale.

Ma so che c'è un piccolo guizzo di gioia nel tuo cuore, un minuscolo moto d'orgoglio, perché ti sei fermata.
Senti il familiare e ormai quasi dimenticato sollievo di un tempo.
Hai lasciato che di nuovo prendessi la tua mano nella mia.

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Sono Rosmarina, e finalmente ho scritto. Spesso intrattengo lunghe conversazioni con me stessa.

4 commenti:

  1. che fortua, per noi, che hai scritto!!!

    Claudio

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  2. il silenzio del mare, diceva Vercors.
    mi sei piaciuta dal vivo ma non immaginavo tutto questo, ho letto questo post con rispetto e sollievo, devi decisamente ricominciare per sciogliere ai tuoi occhi quella che ora ti sembra ruggine e invece è una consapevolezza più densa, uno sguardo più ruvido sul presente.

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